Sapevano di avere di fronte gli emissari della ’ndrangheta in Liguria, secondo la Procura, e a loro si sono presentati per chiedere voti, promettendo in cambio vantaggi. A sette anni dai fatti, la Direzione distrettuale antimafia di Genova chiude le indagini su Alessio Saso e Aldo Praticò, rispettivamente ex consigliere regionale del Pdl e consigliere comunale candidato (non eletto) alle elezioni regionali del 2010. L’accusa nei loro confronti è di promessa elettorale, reato aggravato dall’aver favorito un’organizzazione mafiosa. Non è solo un passaggio burocratico, ma il nodo che tiene in piedi le accuse: senza l’aggravante sarebbero già prescritte; in questo modo l’orologio della prescrizione slitta al 2025.

La vicenda giudiziaria che vede coinvolti i due politici nasce con l’inchiesta antimafia «Maglio 3», coordinata dal pm Alberto Lari. Un fascicolo che ha avuto esiti giudiziari controversi: gli imputati erano stati assolti in primo e secondo grado; poi la Corte di Cassazione ha ribaltato quei due verdetti, e ha ordinato un nuovo appello.

Le posizioni dei due politici erano state separate, e sono rimaste formalmente ancora in indagine fino a pochi giorni fa. A entrambi vengono contestati incontri con boss di spicco della ’ndrangheta, come Mimmo Gangemi, condannato in Calabria a 19 anni e 6mesi perché ritenuto il rappresentante delle cosche in Liguria: «Mimmo - diceva Praticò, in un’intercettazione con Gangemi - spiegagli bene come fare la ics sul mio nome... ti portassero dentro l’urna...». «Alessio, Alessio, Alessio - dice a Saso Vincenzo La Rosa, procacciatore di voti considerato vicino ai clan del Ponente - dalla nostra collaborazione escono mille voti, garantito al limone...». E ancora: «Io - risponde Saso a La Rosa - nel mondo che conoscete anche voi, sono conosciuto anche come una persona affidabile. Se io dico una cosa, cerco di mantenere le promesse».

Aldo Praticò ha abbandonato la politica e oggi fa il broker assicurativo. La sua replica arriva attraverso l’avvocato Giuseppe Maria Gallo: «Siamo molto stupiti da queste contestazioni. All’epoca dei fatti non esisteva un’associazione criminale riconosciuta sotto il profilo giudiziario a Genova». Alessio Saso, difeso da Sabrina Franzone, dal 2015 è ritornato al suo lavoro di dipendente della Provincia di Imperia: «Dopo tutto questo tempo non so cosa dire, ho un ricordo sfumato di quegli episodi, non so nemmeno come mi difenderò. Questa vicenda mi perseguita. Come ho già detto in passato, sono stato un ingenuo, ma non sono mai stato colluso. Ho lasciato la politica anche per gli strascichi di questa vicenda, e i rischi che ho capito ».

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