Via Libertà, strada elegante della Palermo bene. Nell’esclusivo bar di Villa Zito, che appartiene alla fondazione Banco di Sicilia, c’è l’ufficio di Gianfranco Micciché. «Qui riunisco la segreteria del partito, qui ho fatto le liste. È il posto più bello della città», dice allargando le braccia attorno a sé mentre attraversa il giardino all’inglese, tra poltrone di vimini, palme, camerieri gentili e molto discreti. Il viceré di Silvio Berlusconi, tornato a guidare Forza Italia in Sicilia dopo anni di esilio, annusa nell’aria quasi estiva odore di vittoria elettorale. Sono le tre del pomeriggio e tra poche ore arriva al Grand Hotel Villa Igiea il Cavaliere. Miccichè gli porterà in dono previsioni ottime di Forza Italia. «Siamo attorno al 15%. Nel fantastico 2001, quando alle politiche facemmo en plein di collegi uninominali, con il famoso 61 a 0, Forza Italia era al 17%. Siamo tornati quasi ai livelli del passato: sicuramente più dell’11% delle ultime regionali. E questo grazie a Miccichè che ha ricostruito il partito».

L’altro dono che porta a Re Silvio è Nello Musumeci, il candidato presidente del centrodestra che sta arrivando da Catania per cenare con loro nella terrazza di Villa Igiea. Un sorso di vino bianco, una sigaretta, sguardo soddisfatto. «Musumeci può vincere solo grazie ai nostri voti, quelli di Forza Italia e dei centristi di Lorenzo Cesa e Saverio Romano. Questo blocco di centro può fare il 25%. Se vince sarà merito nostro. Musumeci da solo non avrebbe alcuna chance, come 5 anni fa del resto. All’inizio neanche noi volevamo candidarlo: era il candidato di Salvini e Meloni. Salvini è venuto qui per mettere il cappello ma noi siamo stati bravi a farlo nostro».

La lista Salvini-Meloni? «Rischia di non superare il quorum del 5%. Salvini ora fa il meridionalista...». No, il nazionalista. «Sì, vabbè, quello che vuoi, ma in Sicilia è ancora percepito come uomo del Nord, leader di un partito che in passato ha insultato i meridionali. Almeno Bossi era simpatico mentre Salvini risulta antipatico, arcigno, con quella barba poi...». Ride Miccichè, poi sospira, alza gli occhi al cielo terso sopra Palermo quando deve affrontare il tema degli “impresentabili” nelle sue liste. Anche Musumeci se n’è lamentato, precisando di aver letto i loro nomi su giornali. «Dicendo questo ha fatto male a se stesso, avrebbe potuto dire che è colpa dei partiti. In effetti è vero che l’ha letto sui giornali, ma non ho avuto il tempo di comunicargli le liste».

«Qui, all’aperto, mentre facevamo le liste, forse qualche folata di vento malandrina ha infilato un foglio con il nome di Rizza». Già Antonio Rizza, 22 capi di imputazione, arrestato in piena campagna elettorale, ora a piede libero. «A parte gli scherzi, vuole sapere come andata? È venuto il nostro responsabile di Siracusa e ci ha proposto questo nome. Io ho incontrato l’avvocato di Rizza e mi ha fatto vedere le carte processuali, dicendomi che al massimo poteva essere condannato per una cosa minima. Altra cosa è Luigi Genovese: è un bravo ragazzo. Il padre ha fatto una minchiata, forse, ma il figlio non c’entra. Quella dei Genovese è una famiglia perbene».

Berlusconi ha raddoppiato la sua presenza: oltre a Palermo Catania. Perché? «Perché ha visto il confronto tra i candidati nella trasmissione di Lucia Annunziata e ha capito che le cose non si mettevano bene per Musumeci. Era necessaria la sua presenza. Il presidente fa veramente la differenza».

Miccichè spera di fare il presidente dell’Assemblea siciliana, ma sa che non avrà una maggioranza. Spera nell’aiuto dei deputati di Sicilia Futura di Salvatore Cardinale che sostiene Micari. Un aiuto che servirà anche a Musumeci se verrà eletto. Gianfranco non dispera e non si preoccupa neanche dell’inchiesta di Firenze sulle bombe mafiose che tira in ballo Berlusconi e Dell’Utri. «Ancora, dopo 25 anni, con questa storia? I magistrati ci fanno solo un favore, la gente non ci crede ed è ancora di più dalla sua parte».

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