Gentilissimo Direttore, nella strategia del Movimento 5 Stelle c’è anche il fatto di presentarsi come la grande novità, come il «nuovo» che soppianta il «vecchio», l’onesto che toglie di mezzo il corrotto.

Fino a un certo momento, questo gioco è sembrato vincente: sondaggi in rapida crescita, il M5S appariva potenzialmente il primo partito d’Italia, e poi le grandi vittorie nelle elezioni amministrative a Roma e Torino.

Ma da lì in poi, la spinta propulsiva sembra essersi un po’ esaurita. La sindaca Virginia Raggi a Roma è andata molto male, e ormai praticamente nessuno nemmeno discute più il suo operato. Chiara Appendino a Torino sembrava più attrezzata a governare una città che già si presentava con un’amministrazione più ordinata. Forse è stata un po’ sfortunata, in ogni caso anche la sua stella non brilla più tanto.

Nella tornata delle elezioni amministrative dello scorso giugno, i 5 Stelle sono andati male, non vincendo in nessuna città politicamente significativa, e spesso nemmeno riuscendo ad arrivare al ballottaggio, a tutto vantaggio del centrodestra e del Partito democratico.

Le elezioni siciliane di domenica scorsa dovevano essere l’occasione del grande riscatto e dello slancio targato 5 Stelle in vista delle politiche del 2018, ma anche lì è andata come andata.

Quando si fa politica basandosi sull’effetto novità, e sull’eterna illusione del cambiamento (espressione che ha sempre una magia in politica), la tempistica è importantissima, e una volta che si perde l’abbrivio, è poi difficile recuperarlo.

Altra cosa se si fa politica sulle idee e le proposte, sulla scelta e la formazione di una nuova classe dirigente, sulla ricerca di punti di condivisione con le altre forze politiche e con la società civile nel suo complesso. Cordiali saluti.