Nell’attuale scenario «caratterizzato da un clima instabile di conflittualità», dove una corsa agli armamenti senza sosta sottrae risorse a questioni fondamentali come la lotta alla povertà, l’ecologia e i diritti umani, Papa Francesco alza la sua voce ad un convegno in Vaticano sulle «prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale» per affermare che «le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici»

Se nel mondo tornano a spirare, con la crisi tra Washington e Pyongyang, venti di un conflitto con le armi nucleari, Jorge Mario Bergoglio condanna con forza «la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso», funzionale «a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano». E, chiedendo di ascoltare la «voce profetica» dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, afferma che il disarmo è una utopia «attuabile» nonostante «la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali».

 

«Siete convenuti a questo Simposio per affrontare argomenti cruciali, sia in sé stessi, sia in considerazione della complessità delle sfide politiche dell’attuale scenario internazionale, caratterizzato da un clima instabile di conflittualità», ha detto il Papa intervenendo al congresso organizzato dal nuovo Dicastero per lo Sviluppo umano integrale guidato dal cardinale Peter Turkson. «Un fosco pessimismo potrebbe spingerci a ritenere che le “prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, come recita il titolo del vostro incontro, appaiano sempre più remote».

 

Per il Papa, «è un dato di fatto che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazionial punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani».

 

«Non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari», ha detto ancora il Papa. «Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano».

 

«Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici. Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà».

 

È «insostituibile», ha scandito Francesco, «la testimonianza degli Hibakusha, cioè le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, come pure quella delle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari: che la loro voce, voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni!».

 

Una società che appare «stordita» di fronte alla deviazione di una scienza che dovrebbe essere a servizio dell’uomo, la diffusione telematica delle tecnologie nucleari e l’aumento di Paesi dotati di arma nucleare prefigurano «scenari angoscianti», ha detto ancora Jorge Mario Bergoglio, che ha però registrato il «sano realismo» che «non cessa di accendere sul nostro mondo disordinato le luci della speranza», come ad esempio avvenuto con la «storica votazione in sede Onu» che ha stabilito che «le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra». Iniziativa che ha «colmato un vuoto giuridico importante» ed è tanto più significativa perché riuscita grazie «ad una “iniziativa umanitaria” promossa da una valida alleanza tra società civile, Stati, Organizzazioni internazionali, Chiese, Accademie e gruppi di esperti». Il Papa ha ringraziato, al proposito, i premi Nobel presenti che gli hanno consegnato una dichiarazione comune per il disarmo.

 

Bergoglio ha poi ricordato il magistero, in particolare di Paolo VI, con il «memorabile e attualissimo» documento della enciclica Popolorum progressio, e di Giovanni XXIII che nella Pacem in terris scriveva che «l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica».

 

Per Papa Francesco, occorre «innanzitutto rigettare la cultura dello scarto e avere cura delle persone e dei popoli che soffrono le più dolorose disuguaglianze, attraverso un’opera che sappia privilegiare con pazienza i processi solidali rispetto all’egoismo degli interessi contingenti. Si tratta al tempo stesso di integrare la dimensione individuale e quella sociale mediante il dispiegamento del principio di sussidiarietà, favorendo l’apporto di tutti come singoli e come gruppi. Bisogna infine promuovere l’umano nella sua unità inscindibile di anima e corpo, di contemplazione e di azione. Ecco dunque come un progresso effettivo ed inclusivo – ha sottolineato il Pontefice – può rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali».

 

Aprendo questa mattina il congresso, il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin aveva sottolineato, da parte sua, che «le armi nucleari non possono essere la soluzione al problema della sicurezza», ricordando le «conseguenze umanitarie catastrofiche che seguono all’uso di qualunque arma nucleare, con effetti incredibili sia nello spazio che nel tempo» e sottolineando che, in un mondo dove «moltissimi milioni di persone soffrono la fame», la corsa agli armamenti sottrae risorse che potrebbero essere utilizzate «per la pace e lo sviluppo umano integrale, per combattere la povertà e per realizzare gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile». Il divieto Onu, ha sottolineato il porporato, non deve essere solo un documento firmato ma un trattato che va compreso nella lettera e nello spirito affinché sia attuato in pieno.

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