Qualche giorno fa l’Enea (l’ente italiano che studia le energie alternative) ha formalizzato con una cerimonia a Chivasso (Torino) la fornitura internazionale di 100 chilometri di cavi superconduttori realizzati in Italia per gli impianti sperimentali per la fusione nucleare Iter e Jt-60Sa. Da notare che la fusione nucleare imita il procedimento che dà energia al Sole, e pur essendo usata anche nelle bombe H non crea rischi nelle sue applicazioni civili. Il progetto che coinvolga l’Enea, del valore di circa 60 milioni di euro, ha come protagoniste due imprese tecnologiche italiane – la Criotec Impianti Spa di Chivasso (Torino), specializzata in tecnologie e componenti in grado di operare a bassissime temperature, e la Tratos Cavi Spa di Pieve Santo Stefano (Arezzo), leader nella produzione di cavi elettrici e fibre ottiche. Terzo protagonista è l’Enea con gli esperti del Laboratorio di Superconduttività, specializzato nella ricerca sui materiali innovativi a elevate proprietà conduttive per applicazioni scientifiche e industriali.

Il super-magnete

Questi cavi superconduttori saranno utilizzati per realizzare il magnete, uno dei componenti strategici dell’impianto per la fusione nucleare, chiamato a generare un campo magnetico elevatissimo, che confini il plasma ad altissime temperature, evitando che entri in contatto con le superfici che lo contengono. Tale linea di produzione unica in Europa e di elevata complessità – basti pensare che un chilometro di cavo pesa circa 10 tonnellate ed è costituito da materiali molto costosi, di difficile lavorazione – è stata realizzata attraverso il consorzio Icas (Italian Consortium for Applied Superconductivity), costituito per l’occasione e coordinato dalla stessa Enea, al quale partecipano Criotec e Tratos Cavi.

Circa 50 km di cavi superconduttori saranno destinati all’impianto Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) in costruzione a Cadarache, nel Sud della Francia. Si tratta di uno dei progetti più grandi e complessi di sempre dal punto di vista scientifico e tecnologico che coinvolge 7 partner: Unione Europea, Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Federazione Russa e Stati Uniti con l’obiettivo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione nucleare. Gli altri 50 km di cavi superconduttori sono stati realizzati per l’impianto Jt-60Sa in fase avanzata di realizzazione in Giappone, ideato principalmente per condurre esperimenti di confinamento magnetico del plasma a supporto di Iter.

Riprodurre il plasma della nostra stella

La ricerca sulla fusione nucleare mira a riprodurre in un reattore, in modo controllato, il plasma, la materia di cui sono composte le stelle, per utilizzarla come fonte di energia pressoché illimitata, e quindi in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione mondiale in crescita, senza emissioni inquinanti e con pochissime scorie. Il programma più avanzato in questo campo è costituito da Iter e da Demo, che dal 2050 dovrà dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione. Si tratta di imprese tecnologiche e ingegneristiche fra le più grandi e complesse a livello mondiale, fortemente incentrate sulla collaborazione fra ricerca e industria in aree tecnologicamente avanzate.

L’Enea, con i laboratori dei Centri di ricerca di Frascati e di Brasimone, svolge da più di 20 anni il ruolo di coordinatore delle attività italiane nei programmi europei sulla fusione nucleare, cui partecipa in stretta collaborazione con le industrie italiane ad alta tecnologia, svolgendo attività di trasferimento delle proprie conoscenze scientifiche e tecnologiche acquisite nella ricerca e sviluppo nel campo della fusione a partire dagli Anni 50.

Il Laboratorio di Superconduttività dell’Enea ha un’esperienza pluridecennale nella ricerca e applicazione di materiali ad elevate proprietà conduttive in condizioni di temperature molto basse (criogeniche), quali metalli, leghe metalliche, compositi ceramici. Il Laboratorio impegna una trentina fra ricercatori e tecnologi, con età media circa 40-45 anni, una forte presenza (quasi il 50%) di donne e una produzione scientifica molto elevata.

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