Di Albino Luciani si è parlato molto nei giorni scorsi, a motivo del decreto papale che ne avvicina la beatificazione ma anche per l'uscita del primo libro veramente documentato sulla morte del Pontefice veneto, scritto da Stefania Falasca, con documenti e testimonianze inedite che fanno definitivamente chiarezza sulle circostanze con cui è avvenuta. L'argomento Luciani è citato anche nel nuovo libro Peccato originale di Gianluigi Nuzzi, che gli dedica un capitolo dove si parla dell'«incontro mai raccontato» tra l'allora patriarca di Venezia Albino Luciani e l'arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, all'epoca a capo dello IOR. Lasciando intendere che si tratti di una notizia inedita. In realtà, contrariamente a quanto espresso in quel titolo, «mai raccontato» (forse una scelta editoriale compiuta all'insaputa dell'autore, in un libro che non contiene particolari novità, se non quella della storia di presunti rapporti omosessuali tra due seminaristi minorenni nell'istituto da cui provengono i chierichetti del Vaticano), l'incontro è stato invece molto «raccontato» da almeno trent'anni e da numerosi giornalisti e storici, anche se non si è ancora trovato alcun riscontro documentale decisivo. Riscontro che neanche in Peccato originale viene fornito.

 

Quello scontro sulle banche

All'origine del dissidio tra Luciani (e più in generale tra tutti vescovi del Triveneto) e Marcinkus ci sarebbe stata una decisione presa nel 1972, quando lo IOR aveva venduto ricevendone in cambio 45 milioni di dollari il 37% delle azioni della Banca Cattolica del Veneto al Banco Ambrosiano che con questo passaggio – realizzato attraverso la Centrale Finanziaria – aveva acquisito la maggioranza relativa della banca. La Banca Cattolica del Veneto aveva uno storico legame con la Chiesa, una grande attenzione alle esigenze del clero ed era al servizio di una clientela medio-piccola. La vendita da parte dell'Istituto per le Opere di Religione guidato da Marcinkus, che avrebbe modificato le condizioni dei tassi favorevoli per le parrocchie e le diocesi, era avvenuta all'insaputa dell'episcopato veneto e del suo presidente, il patriarca Luciani, ed era stata gestita dall'allora direttore generale dell'Ambrosiano, Roberto Calvi, che tre anni dopo sarebbe divenuto presidente della banca. Ma il principale motivo di screzio si era verificato all'inizio del 1973, quando Luciani aveva cercato di salvare il Banco San Marco, piccolo istituto di credito nato a Venezia alla fine dell’Ottocento su iniziativa dell’Opera dei Congressi per procurare «cauto e profittevole impiego ai capitali» nonché «contribuire all’incremento delle Opere Cattoliche». Dopo essere stato coinvolto nel crack finanziario dello «scandalo Marzollo» del 1971, il Banco San Marco si era scontrato con l'Ambrosiano.

 

Chi ha parlato dell'incontro Luciani-Marcinkus

Il grande vaticanista Benny Lai, nel suo libro I segreti del Vaticano da Pio XII a Papa Wojtyla (1984, p.159) appunta una confidenza del cardinale Egidio Vagnozzi: «Mi hanno detto che [Luciani] non ama Marcinkus, il quale ha venduto la Banca Cattolica del Veneto cui facevano capo i vescovi della regione. E quando è venuto a Roma per protestare Marcinkus lo ha trattato in maniera strafottente». David Yallop, l'autore del best seller complottista sulla presunta uccisione di Albino Luciani (Nel nome di Dio, 1985) non parla dell'incontro tra i due, ma delle tensioni sulle banche venete e attribuisce già allora a Paul Marcinkus queste parole ora rilanciate da Nuzzi come contenuto del colloquio: «Non si può dirigere la Chiesa con l'Ave Maria».  A un possibile incontro-scontro diretto tra il cardinale veneto e Marcinkus fa invece riferimento Carlo Bellavite Pellegrini, esperto di finanza e professore all’Università Cattolica, che in un suo libro (Storia del Banco Ambrosiano: fondazione, ascesa e dissesto: 1896-1982, pubblicato nel 2002, pag. 258) scrive: «Quando era patriarca di Venezia, Luciani aveva protestato per la cessione della Banca Cattolica del Veneto dallo Ior all’Ambrosiano, e Marcinkus aveva reagito con sdegno e rabbia a queste intromissioni». Del caso e dell'incontro aveva parlato diffusamente il mensile «30Giorni» nel luglio 1992 («Il banchiere e il cardinale»), pubblicando alcune testimonianze, tra cui quella di padre Francesco Farusi, già direttore dei programmi del radiogiornale della Radio Vaticana. E la vicenda è stata raccontata anche in vari articoli su Marcinkus negli anni Novanta e poi sei anni fa in occasione della sua morte (si veda qui Vatican Insider, il 30 giugno 2011).

Il racconto del “Chinkˮ a Cornwell

Del caso l'arcivescovo Marcinkus, detto “Chinkˮ, aveva discusso nel corso dei due incontri avuti con lo scrittore inglese John Cornwell, l'autore della contro-inchiesta sulla morte di Giovanni Paolo I che smentisce la tesi di Yallop (Un ladro nella notte, 1990) contribuendo però a consolidare la vulgata di un Papa Luciani «schiacciato» dal peso del pontificato e quasi succubo di una Curia romana a metà strada tra un «villaggio di lavandaie» e un luogo di trame oscure. Cornwell, che ha avuto tutte le porte aperte dal Vaticano, riuscendo a intervistare tutti i protagonisti che avevano avuto a che fare con Papa Luciani nei 33 giorni del suo pontificato, aveva parlato con Marcinkus dei contrasti sulle banche venete. L'arcivescovo americano smentisce di aver mai trattato male il cardinale patriarca di Venezia e anzi dalle sue parole sembra trasparire che l'unico incontro con Luciani sia quello avvenuto dopo l'elezione di Giovanni Paolo I. Alla domanda di Cornwell su quali affari finanziari avesse avuto con Luciani prima dell'elezione, Marcinkus aveva risposto: «C'era una banca a Venezia chiamata Banco San Marco che aveva molte difficoltà. A quel tempo possedevamo una partecipazione di maggioranza nella Banca Cattolica. E quelle persone mi dissero: “Perché non compra anche il San Marco?ˮ Vede? Io dissi: “Non ne abbiamo in programma l'acquistoˮ. E poi: “Da quanto ho capito è in cattivissime acque e non c'è alcuna utilità ad impegnarsi in simili coseˮ. Dissi che non sapevo quanto fosse importante per i vescovi di quella zona, ma che comunque sarebbe stato un pessimo acquisto. Ma non l'ho mai detto a Luciani... E non ho mai gettato nessuno fuori da questo ufficio. Anche se mi sarebbe piaciuto. E specialmente un cardinale». Da notare, in queste parole del prelato americano allora dominus dello IOR, il fatto che si parli solo della crisi del Banco San Marco, e non della vendita della Banca Cattolica all'Ambrosiano. E l'arcivescovo non dice di aver incontrato personalmente il patriarca («non l'ho mai detto a Luciani»), oltre a smentire di averlo trattato male gettandolo fuori dal suo ufficio.

 

Gli incontri documentati

Ciò che invece è documentato per iscritto è un incontro tra Albino Luciani e Giulio Andreotti, motivato proprio dai problemi delle banche venete. «Con il patriarca Luciani mi ero incontrato solo una volta. Era venuto a Palazzo Chigi per manifestare la sua preoccupazione per la lotta sottile che si stava sviluppando contro le banche cattoliche», ha scritto Andreotti nell'editoriale sul numero di ottobre 2007 di «30Giorni». Marco Roncalli, nella sua documentata biografia Giovanni Paolo I. Albino Luciani (2012), ha trovato conferma dell'incontro nell'appunto riservato alle udienze presente nell'archivio dell'ex presidente del Consiglio: si svolse il 22 febbraio 1973, ed è facile sostenere che i due parlarono del salvataggio del Banco San Marco». Scrive ancora Roncalli nella biografia di Luciani: «Tutto il resto è un campionario di ipotesi legate ad un viaggio a Roma di Luciani per esprimere il suo disappunto. C’è chi ha sostenuto che il patriarca parlò apertis verbis al presidente dello IOR il quale, dopo averlo ascoltato, lo mise alla porta in modi spicci (fatto smentito da quest’ultimo). C’è chi ha confidato che Luciani comunicò direttamente il proprio dispiacere a Paolo VI il quale chiamò subito nel suo studio Marcinkus in grado di rassicurare il patriarca di Venezia (una versione data dal segretario di Papa Montini don Pasquale Macchi ad alcuni amici)... E via di seguito. Tutte ricostruzioni però senza alcun documento probatorio».

 

La nuova testimonianza di don Malnati

Chi ha ricordi precisi su quanto avvenne è don Ettore Malnati, attuale vicario per la cultura della diocesi di Trieste, che fu segretario particolare del vescovo Antonio Santin, il quale negli anni Settanta era vice-presidente della conferenza episcopale del Triveneto e incontrava il patriarca Luciani una volta al mese. Racconta per la prima volta oggi a Vatican Insider don Malnati: «Il vescovo Santin mi confidò il dispiacere di Luciani, il quale era andato allo IOR per perorare la causa dell'acquisto del Banco San Marco, la banca dove le parrocchie del Veneto avevano i loro risparmi. Il patriarca di Venezia aveva detto a Santin, riferendogli dell'incontro: “Sono stato trattato da Marcinkus come un bidelloˮ». Don Malnati ricorda di averne parlato anche con l'allora segretario di Luciani, don Mario Senigaglia: «Tra noi segretari dei due vescovi eravamo molto legati. Ricordo con Senigaglia avevamo commentato l'atteggiamento tenuto da Marcinkus verso Luciani. Don Mario aveva detto: “Ma guarda come si permettono di trattare il patriarca di Veneziaˮ».

 

Luciani precursore di banca etica

Scrive ancora Roncalli nella biografia di Giovanni Paolo I: «Resta da sottolineare la figura di un Luciani che volentieri evita le questioni finanziarie, e sembra piuttosto un precursore del concetto di banca etica, a maggior ragione davanti a notizie di intrecci di malaffare all’inizio degli anni Settanta. Un Luciani che ancora nel novembre ’73 ha occasione di incontrare il vicepresidente della Banca Cattolica Roberto Calvi al quale scrive persino lettere di raccomandazioni per la promozione di alcuni dipendenti veneziani impegnati nell’associazionismo cattolico». Il riferimento è a una lettera - catalogata tra la corrispondenza finita agli atti della postulazione della causa di beatificazione - datata 2 gennaio 1974 e indirizzata all’«Ill.mo Commendatore Roberto Calvi, Vice Presidente Banca Cattolica del Veneto, Vicenza» nella quale si ricorda un incontro veneziano avvenuto a fine novembre 1973, con lui e altri membri della Presidenza della Banca Cattolica del Veneto. Luciani con la missiva voleva perorare la causa di un dipendente della banca, C. V., da tempo in attesa di promozione. 

 

«L'omicidio morale»?

Il capitolo del libro di Nuzzi dedicato a Luciani si intitola «L'omicidio morale». L'autore pubblica alcuni vecchi documenti contabili dello IOR che facevano parte dell'ormai famosa cassa di documenti trafugati da monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, segretario della commissione COSEA e segretario della Prefettura per gli Affari economici della Santa Sede, nonché principale imputato al processo per Vatilaeks 2, il quale ha ceduto le carte dopo la mancata promozione a numero due della Segreteria per l'Economia vaticana. Sono documenti che attesterebbero il transito di somme di denaro dalla «banca vaticana» verso i paradisi fiscali nonché l'esistenza di conti intestati al Pontefice Paolo VI e al suo segretario particolare don Pasquale Macchi. Scrive Nuzzi: «Ogni pratica allo IOR era sconvolgente. Attraverso protezioni eccellenti, all’istituto veniva soddisfatta ogni esigenza di vescovi e cardinali. E ancora attori, registi, politici e imprenditori... I tentacoli di questo sistema occulto avvolgevano ogni sacro palazzo. È probabile che Luciani stesso ne sia rimasto schiacciato. La conoscenza di questa verità tragica e indicibile avrebbe aggravato a tal punto il suo stato di salute da portarlo improvvisamente alla morte». Senza produrre alcuna prova del fatto che il nuovo Papa fosse a conoscenza di questi movimenti di denaro, e del fatto che queste notizie lo avessero «schiacciato», Nuzzi propende per l'ipotesi dell'«omicidio morale». Finendo per presentare Luciani come un Papa in preda a un enorme stress e alla fine inadeguato a sostenere il peso della responsabilità pontificale. 

 

«Era sereno, sicuro»

Pochi giorni prima dell'uscita del libro Peccato originale, un altro libro è stato pubblicato, Papa Luciani. Cronaca di una morte. La vicepostulatrice della causa di beatificazione, Stefania Falasca, oltre a produrre un'imponente mole di documenti realmente inediti e importanti (dalle cartelle cliniche di Luciani agli appunti riservati inviati dal medico del Papa alla Segreteria di Stato), pubblica anche alcune nuove testimonianze di chi fu vicino a Giovanni Paolo I nei 33 giorni del pontificato. Tra queste c'è quella di suor Margherita Marin, l'unica sopravvissuta delle suore che vivevano nell'appartamento papale: «Io l'ho veduto sempre tranquillo, sereno. Pieno di fiducia, sicuro». Aveva deciso di cambiare il suo segretario particolare, chiamando a Roma don Senigaglia. Grazie alla sua testimonianza e ai nuovi documenti prodotti nel libro sappiamo che Papa Luciani aveva deciso di mantenere come medico personale il dottore che lo seguiva a Vittorio Veneto. Aveva deciso di nominare un prete salesiano patriarca di Venezia. Stava delineando il suo pontificato. Era umile, ma non schiacciato. Mite, ma non arrendevole. Sapeva governare e quando prendeva una decisione, era quella.

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