Nel brano del Vangelo di Matteo (Mt 22, 34-40), un fariseo dottore della legge chiede a Gesù quale sia, nella legge, il grande comandamento. Gesù citando i due comandamenti dell'amore per Dio e per il prossimo sottolinea che da essi dipendono tutta la legge e, aggiunge, i profeti. Qui sta il segreto di un sempre più profondo ed equilibrato discernimento. I riferimenti della fede e la vissuta maturazione nella quale accoglierne sempre meglio il senso. Le parole schematiche di alcuni farisei non rimandano, per venire sempre più comprese, alla vita vissuta, né l'aiutano. Si alimentano invece, potendo confondere la semplicità di cuore, nei ragionamenti astratti a tavolino.

Ai nostri giorni, dopo l'epoca delle astrazioni, spiritualistiche, ideologiche e quella seguente del ritorno nel privato, stanno forse gradualmente maturando le condizioni per giungere ad un nuovo equilibrio tra questi estremi. Ed un passaggio decisivo che qualcuno, anche nel mondo laico, sembra cominciare a sottolineare è quello del vivo contatto con la specifica realtà. Una capacità nuova di ascoltare, di mettersi in discussione, nell'incontro, nel dialogo.

Un aspetto decisivo può essere quello di non tornare dal passaggio privatista, emozionale, vuotamente spontaneista, ad un nuovo moralismo, ora dell'ascolto, ma falsato, dei problemi reali. Per il quale, per esempio, il buon politico si sacrifica difendendo una verità, in realtà egocentrata, astratta, che rischia di fargli perdere voti in un periodo (appunto) di populismi. L'oscillare tra estremi, va detto, sembra una caratteristica di tanta parte della storia, della cultura, umane. Per questo forse oggi possiamo entrare in un tempo originale.

Dunque non bisogna imporre a sé stessi e agli altri schemi prefabbricati, magari falsamente neutrali, tecnicisti o vuotamente fuggire ogni riferimento valoriale. Ma accogliere il graduale, personalissimo, cammino proprio e altrui, anche, allora, in un più autentico scambio. Una politica, per esempio, che cercando risposte valide anche alle oscurità, alle sconfitte, scopre la via di questa accoglienza, di questo incontro, potrebbe giungere al possibile nocciolo profondo della crisi anche attuale. Non si può facilmente costruire una società teleguidandola astrattamente dall'alto o inseguendone le rabbie dovute, nel fondo, a tante varie astrazioni. 

Si può cercare di favorire, invece, fin dalla formazione scolastica, la maturazione delle persone nelle identità scelte (anche potendo cambiare scelta) e nello scambio, allora sì potendo aiutare una più matura, collaborativa nel rispetto delle differenze, partecipazione. Non dire la scuola è libera perché è neutrale in quanto la neutralità non esiste e spegne la personalissima, crescita, ricerca, delle persone. Né stimola dunque un più autentico scambio. Non dire “guidiamo noi per il vostro bene”, perché voi non siete capaci (testificando l'insuccesso della propria politica, oltre che il proprio egocentrismo) o cavalcare la ribellione anche inconsapevole, profonda, a tante astrazioni, manipolazioni. Ma cercare le vie di una maturazione libera, condivisa. Nella quale ogni persona, comunità, potrà sentirsi coinvolta in modo più adeguato.

Nell'epoca di internet, dei cellulari multiuso, della varia, diffusa comunicazione, non cercare le vie di una libera e adeguata formazione potrebbe tendere ad aumentare le distanze tra un'oligarchia incapace di accogliere autenticamente e la gente senza adeguati riferimenti.

Mancando una tale cultura di fondo vi è il rischio non solo di tornare continuamente al pendolo degli estremi ma anche di risentire di questa più semplice e serena accoglienza solo quando se ne è in vario modo toccati più sensibilmente. Per esempio, in politica, rivendicando la propria “fetta di torta” nei confronti del leader accentratore di turno miopemente non avvedendosi che l'autentica, umana, accoglienza è un problema decisivo, generale, capace di rinnovare la vita e la cultura stesse.

Scoprire, aprirsi, nella vita personale, nella Chiesa, nella famiglia, nella cultura, nella società, nella politica, ad un tale sereno incontro con sé stessi e con gli altri, può significare avviarsi ad intraprendere strade nuove di partecipazione, di orientamento alla soluzione dei problemi, delle sofferenze reali. E, appunto, cercando insieme soluzioni tendenzialmente non più riduttive, per esempio astratte, tecniciste, o di sola rivolta (si veda per esempio qui).

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