Professor Parisi, come ha fatto a convincere Prodi a riavvicinarsi e ripiantare la tenda intorno al Pd?

«Convincere? Sia lui che io siamo sempre qua: sullo stesso sentiero lungo il quale camminiamo ormai da decenni. Piantate o arrotolate sullo zaino, le nostre non son mai state tende da camping, ma da campo mobile. A far tappa ci ha costretto soltanto un cartello. Con la scritta: marzo 2018».

Il listone ulivista può far concorrenza al Pd nello stesso campo?

«Onestamente di ulivista non vedo né liste, né listini, e, men che mai listoni. O tutto il campo riesce a scoprire quella comune ispirazione che sento chiamare ulivista, che lo allarghi e lo tenga assieme oltre il voto, oppure stiam parlando di nulla. Non c’è spazio per un nuovo Asinello scalciante come alle europee del ‘99. Quella fu una competizione esclusivamente proporzionale che rappresentò la profonda divisione insorta tra noi, assieme al desiderio degli ulivisti di riprendere il cammino unitario riscattando la resa al ricatto anti-ulivista del ‘98. Questa volta siamo chiamati a dar conto della nostra unità. Al massimo si può parlare di emulazione tra liste distinte. E dentro ognuna di storie diverse mescolate tra loro: di ulivisti e di altri che a quella esperienza non presero parte».

Renzi può fare il leader della costituenda alleanza o farebbe meglio a passare la palla a Gentiloni come chiedono molti?

«Per nostra fortuna Gentiloni è al timone del governo presente. A garanzia di una condotta ferma, prudente e continua. Fino a nuov’ordine. Renzi è alla guida del suo partito, con una leadership che non mi risulta in discussione. Quanto alla cosiddetta coalizione, la Legge Rosato l’ha ormai ridotta al ricordo di un passato ormai alle spalle. Una parola che sopravvive alla cosa. Assieme alla possibilità che qualcuno possa essere investito direttamente dal voto della responsabilità di governo è sparita la stessa idea di una candidatura a premier e prima ancora quella di leader della coalizione. Lo ripeto invano da tempo: prima ne prendiamo atto e meglio è».

Sono ancora utili le primarie in tale contesto?

«Ecco la prima ricaduta. Prima che tardive oltre ogni limite, il cambiamento introdotto dalla Legge Rosato le ha rese inutili. Che senso avrebbe mai avuto la semifinale di elezioni primarie interne al nostro campo senza la possibilità di una finale nella quale proclamare il premier designato? Lutto per me che si aggiunge a lutto. Ma questo è il punto nel quale purtroppo siamo finiti. Sono costretto a prenderne atto. Mi basterebbe che le primarie sopravvivessero per la selezione della guida nei governi regionali e locali, dove invece continuano ad avere senso».

Bersani dice «ci parliamo dopo il voto»: cosa risponde all’ex segretario Pd?

«Che il tempo gioca contro la nostra unità. Non riesco a capire come, dopo l’inevitabile approfondimento delle divisioni che ci attenderebbe, ritrovarsi diventerebbe più facile. Fermiamoci. Ricominciamo dalle cose che uniscono».

E quali critiche muove all’ex premier Renzi?

«Innanzitutto quelle che invano gli rivolsi lungo tutta la infelice gestazione delle riforme che il Paese meritava e che furono invece portate alla sconfitta. Da una parte quella di aver sopportato la minoranza di Bersani senza ascoltarla a sufficienza. Come capita ad uno che si sente predestinato alla vittoria di fronte ad uno che ritiene già sconfitto. Dall’altra, quella di avergli lasciato ripetere che quel voto politico come nessun altro era un voto di coscienza, invece di fermarsi non tre ore, ma tre settimane a discutere per uscire alla fine con un voto impegnativo, come si usava un tempo nel partito con la P maiuscola dal quale lui proveniva».

Prodi garante della coalizione, che garanzia vorranno Renzi e Pisapia?

«Garante? È un termine che sento circolare da qualche tempo. Garante? Anche nel matrimonio cattolico i ministri celebranti sono gli sposi, non il Sacerdote. Quanto alle garanzie possono essere solo quelle che gli sposi possono darsi reciprocamente. E a chi volesse coinvolgere Prodi nel processo, dico che sarebbe come coinvolgere il prete nel matrimonio».

Prodi e Veltroni dovrebbero candidarsi per arginare il rischio sconfitta?

«Questo dipende da loro. Il modo col quale si stanno spendendo a favore del processo in corso sia quello più consono».

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