«Il primo viaggio nella storia del patriarca maronita a Riad, tenuto conto che Sua Beatitudine Béchara Raï lo ha fatto anche quale presidente del consiglio delle Chiese cattoliche d’Oriente e cardinale della Chiesa cattolica, non aveva a che fare con le questioni libanesi e ancor meno con la vicenda di Saad Hariri. Questo viaggio è stato pensato e organizzato sei o sette mesi fa, ai tempi della conferenza promossa da al-Azhar sulla comune cittadinanza. Un fatto epocale». 

 

Chi parla cosí è il professor Mohammad Sammak, segretario dello Spiritual Islam Summit, unico musulmano ad aver partecipato a due sinodi della Chiesa Cattolica. «Questa visita è storica per le relazioni islamo-cristiane, c’è solo un precedente protocollare. Ma vedere il patriarca e i due vescovi che lo accompagnavano entrare nel palazzo reale di Riad con la croce pettorale al collo ci ripaga di tante sofferenze». 

 

Sammak sa bene che tra queste sofferenze ci sono anche quelle dei circa 500mila cristiani che vivono in Arabia Saudita, dove la Bibbia viene ancora sequestrata se trovata in possesso di qualcuno. «Quando il patriarca mi ha invitato a colazione per parlare del suo imminente viaggio gli ho suggerito di chiedere semplicemente quanto Maometto riconobbe ai cristiani. Ai dignitari cristiani che lo accompagnavano in una circostanza e che arrivati in moschea gli chiesero di poter pregare, lui suggerì di pregare lí, ma loro obietteranno che quello per loro non era un luogo sacro, e lui convenne, dicendo di fare come ritenevano, perché voi siete responsabili come lo siamo noi. E poi nella sua Costituzione, quella di Medina, si dice che ebrei, cristiani e musulmani sono una nazione sola. La comune e pari cittadinanza, ho detto al patriarca, non è nulla di più di quanto prescritto dal Corano. E questa visita contribuirà a ridurre le insopportabili sofferenze dei cristiani in tanti paesi arabi, a partire dall’Egitto, per non parlare dell’Iraq, dove erano 2 milioni e oggi sono circa 500mila. È giunta l’ora di tornare al vero islam, e un vero musulmano non è tale se non crede anche nel cristianesimo e nell’ebraismo».

 

L’ex deputato maronita Fares Souaid, organizzatore del viaggio che ha accompagnato il patriarca a Riad, è convinto che l’invito derivi da una scelta politica; dire al mondo che quando la nuova leadership saudita parla di islam moderato non fa un discorso di facciata. Se Sammak sottolinea che la principale malattia da cui si sta curando il regno è «l’antica gerontocrazia», e quindi questa visita va ascritta alle spinte innovative del giovane principe Mohammed bin Salman, designato quale erede al trono, Souaid racconta di un prete incontrato in ascensore prima di andare a palazzo che non sapeva trattenere la gioia: quel giorno era il primo giorno della sua vita in cui aveva potuto indossare il clergyman. 

 

«L’agenda del patriarca era importantissima, ha incontrato l’anziano re Salman, malato, che ha voluto riceverlo per ospitalità, rispetto e cortesia. Poi al principe bin Salman ha proposto di dar vita in Libano a un centro per il dialogo interreligioso, perché la Chiesa maronita conosce la convivialità». Souaid sottolinea che a Riad si è aperta una porta, è cominciato un percorso, un cammino da accompagnare perché i suoi frutti non saranno scontati ma sono attesi da decenni. Chi si aspettava annunci non conosce la diplomazia, ma passi del genere, assicura, indicano che svolte profonde sono all’orizzonte. 

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