«Oggi non è più in gioco solo la dignità di chi è occupato, ma la dignità del lavoro di tutti, e della casa di tutti, la nostra Madre Terra». Così il Papa in un messaggio ad un incontro internazionale di organizzazioni sindacali che si svolge ieri e oggi in Vaticano. Oltre a ribadire la necessità di garantire a tutti le «tre T», ossia lavoro (trabajo), terra (tierra) e abitazione (techo, ossia un tetto), Jorge Mario Bergoglio ha denunciato il rischio relativo ad altre due «T», l’accelerazione del tempo (tiempo) di produzione e un «paradigma di potere, dominio e manipolazione» che può guidare l’uso della tecnologia. Francesco ha infine chiesto ai sindacalisti di non ignorare gli esclusi, di combattere la tentazione della corruzione e di educare alla solidarietà.

Il Papa non ha rivolto un discorso ai partecipanti, come era stato ipotizzato, ma ha inviato un messaggio. L’incontro, intitolato “Dalla Populorum progressio alla Laudato si’. Il lavoro e il movimento dei lavoratori al centro dello sviluppo umano integrale, sostenibile e solidale. Perché il mondo del lavoro continua a essere la chiave dello sviluppo nel mondo globale?”, è organizzato dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Oltre ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, impegnati in questi giorni in una discussione sulle pensioni col Governo, sono numerosi i sindacalisti argentini presenti, proprio in un momento nel quale nella patria di Bergoglio si accende la discussione, anche tra le diverse sigle, su una riforma del lavoro promossa dal Governo di Mauricio Macri.

Nella lettera indirizzata al cardinale Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero vaticano, dopo aver ricordato la centralità che Paolo VI nella Popolorum progressio attribuisce al lavoro, il Papa della Laudato si’ scrive che: «Quando il modello di sviluppo economico si basa solamente sull’aspetto materiale della persona, o quando va a beneficio solo di alcuni, o quando danneggia l’ambiente, provoca un grido, tanto dei poveri quanto della terra, che reclama da noi un’altra rotta. Questa rotta, per essere sostenibile, deve porre al centro dello sviluppo la persona e il lavoro, ma integrando la problematica lavorativa con quella ambientale. Tutto è interconnesso, e dobbiamo rispondere in modo integrale».

Per il Papa, «un valido contributo a tale risposta integrale da parte dei lavoratori è mostrare al mondo quello che voi bene conoscete: il legame tra le tre “T”: terra, tetto e lavoro. Non vogliamo un sistema di sviluppo economico che aumenti la gente disoccupata, né senza tetto, né senza terra. I frutti della terra e del lavoro sono per tutti, e – prosegue il Pontefice citando il Concilio Vaticano II – devono essere partecipati equamente a tutti». Per Francesco, «è ineludibile uno spostamento dall’industria energetica attuale a una più rinnovabile per proteggere la nostra Madre Terra. Ma è ingiusto che questo spostamento sia pagato con il lavoro e con la casa dei più bisognosi. Ossia, il costo di estrarre energia dalla terra, bene comune universale, non può ricadere sui lavoratori e le loro famiglie».

Papa Francesco evidenzia poi «un secondo gioco di tre “T”: questa volta tra lavoro, tempo e tecnologia», perché, quanto al tempo, «sappiamo che la continua accelerazione dei cambiamenti e l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, che alcuni chiamano “rapidación” non favoriscono lo sviluppo sostenibile né la sua qualità» e, continua citando anche uno studio di McKinsey Global Institute, la tecnologia «può ostacolare lo sviluppo sostenibile quando è associata a un paradigma di potere, dominio e manipolazione».

«Sono i lavoratori – scrive ancora Jorge Mario Bergoglio – che, nel loro lottare per la giornata lavorativa giusta, hanno imparato ad affrontare una mentalità utilitaristica, di corto raggio e manipolatrice. Per questa mentalità, non importa se c’è degrado sociale e ambientale; non importa che cosa si usa e che cosa si scarta; non importa se c’è lavoro forzato di bambini o se si inquina il fiume di una città. Importa solo il guadagno immediato. Tutto si giustifica in funzione del dio denaro. Dato che molti di voi hanno contribuito a combattere questa patologia nel passato, si trovano oggi molto ben posizionati per correggerla nel futuro. Vi prego di affrontare questa difficile tematica e di mostrarci, secondo la vostra missione profetica e creativa, che è possibile una cultura dell’incontro e della cura. Oggi non è più in gioco solo la dignità di chi è occupato, ma la dignità del lavoro di tutti, e della casa di tutti, la nostra madre terra».

Papa Francesco mette in guardia i sindacalisti: «Non possiamo essere ingenui e pensare che il dialogo avverrà naturalmente e senza conflitti. Occorrono persone che lavorino senza sosta per dare vita a processi di dialogo a tutti i livelli: a livello dell’impresa, del sindacato, del movimento; a livello di quartiere, cittadino, regionale, nazionale e globale. In questo dialogo sullo sviluppo, tutte le voci e le visioni sono necessarie, ma specialmente le voci meno ascoltate, quelle delle periferie. Conosco lo sforzo di tanta gente per far emergere queste voci nelle sedi in cui si prendono decisioni sul lavoro. A voi chiedo di assumere questo nobile impegno».

Il messaggio si chiude con un triplice invito a guardarsi dalla tentazione «dell’individualismo collettivista, cioè proteggere solo gli interessi di quanti rappresentate, ignorando il resto dei poveri, emarginati ed esclusi dal sistema», nel nome di una «solidarietà che vada oltre le muraglie della vostre associazioni, che protegga i diritti dei lavoratori, ma soprattutto di quelli i cui diritti non sono neppure riconosciuti»; a evitare la «piaga» della corruzione, perché «è terribile la corruzione di quelli che si dicono “sindacalisti”, che si mettono d’accordo con gli imprenditori e non si interessano dei lavoratori lasciando migliaia di colleghi senza lavoro»; e, infine, a non dimenticare il ruolo di «educare coscienze alla solidarietà, al rispetto e alla cura».

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