È ancora rivolto ai 250 milioni di migranti e ai 22 milioni e mezzo di rifugiati sparsi in tutto il mondo il pensiero di Papa Francesco che nel suo messaggio per la 51esima Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il prossimo 1° gennaio 2018, condanna la «retorica» largamente diffusa in molti Paesi di destinazione che «enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio»

Bergoglio è netto: «Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano».

I migranti, sottolinea il Papa citando il suo «amato predecessore» Benedetto XVI, non sono altro che «uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace». E che per trovarlo «sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta». 

Il Vescovo di Roma invita dunque ad abbracciare «tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale». Anche se, ammonisce, «aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta»: «Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura». In tal senso urge «un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate». 

Azioni che il Pontefice sintetizza nei quattro verbi-chiave già elencati nel messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e Rifugiato 2018: «Accogliere, promuovere, proteggere e integrare». A questi si aggiunge il monito ai governanti a praticare «la virtù della prudenza», in modo da stabilire «misure pratiche, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, per permettere quell’inserimento».

I responsabili della cosa pubblica, aggiunge il Papa, «hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico». A loro spetta dunque un «discernimento» così da «spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi». In questo modo le città, «spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati», possono trasformarsi in «cantieri di pace». 

Nel messaggio, datato 13 novembre, festa della patrona dei migranti Santa Francesca Cabrini, Papa Francesco scava poi fino alla radice dell’emergenza migratoria ricordando come già San Giovanni Paolo II, in vista del Grande Giubileo del 2000, annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”» che avevano segnato il XX secolo. 

E il nuovo secolo «non ha finora registrato una vera svolta»: «I conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre», annota il Pontefice; prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire… Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace». Senza dimenticare la miseria «aggravata dal degrado ambientale».

La maggioranza, poi, «migra seguendo un percorso regolare», mentre alcuni «prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta». 

L’orizzonte appare totalmente negativo, ma il Papa argentino capovolge la prospettiva: «Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace». 

Migranti e rifugiati, afferma infatti, «non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono». Mutando lo sguardo sarà quindi possibile «scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti». 

Più nel concreto il Papa indica la strategia per «offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando». «“Accogliere” - dice - richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali».

«“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento», in particolare donne e bambini maggiormente esposti a rischi, abusi e schiavitù.

Ancora, bisogna «promuovere» - scrive Francesco - nel senso di «assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione» al fine di «coltivare e mettere a frutto le proprie capacità», ma anche essere maggiormente in grado «di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro». Infine, «integrare» che «significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali».

A conclusione del messaggio, il Papa auspica che il 2018 conduca alla definizione e approvazione da parte delle Nazioni Unite di due patti globali: «uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati». Questi accordi, proprio perché condivisi livello globale, «rappresenteranno un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche», assicura il Pontefice. Per questo, rimarca, «è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza».

Quelle di Papa Francesco sono «parole profetiche», ha detto padre Michael Czerny, sotto-segretario della sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, presentando il messaggio in Sala Stampa vaticana. Parole, ha detto, che «ci ricordano che abbiamo la capacità di trasformare in “cantieri di pace” le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati». Riflettendo sul tema del documento, il gesuita ha osservato come esso «si collochi nel quadro della cura della casa comune che Papa Francesco ha proposto con tanto vigore ed efficacia nella Laudato si’. I responsabili della cosa pubblica hanno il compito di gestire situazioni complesse e rapidi cambiamenti, e di allocare risorse limitate. Come all’interno di una famiglia, abbiamo bisogno che siano tanto compassionevoli quanto “prudenti”, capaci di attenzione e di cura». Da parte sua il cardinale Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero, riprendendo le parole del Papa nel documento, ha sottolineato che «lasciare il proprio Paese a causa delle guerre, della miseria e della paura, non può e non deve compromettere per migranti e rifugiati la dignità umana».

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