Secondo giorno di scontri tra islamisti e forze di sicurezza, in Pakistan, alla periferia della capitale Islamabad. Secondo quanto riferisce la polizia, alcuni veicoli sono stati incendiati. Di fronte al persistere della protesta di migliaia di militanti del movimento sunnita Tehreek-i-Labaik Ya Rasool Allah (TLY) guidato da Khadim Hussain Rizvi in uno strategico raccordo stradale fra Islamabad e Rawalpindi, il governo del Pakistan ha chiesto oggi l’intervento dell’esercito. Sabato dopo la scadenza senza risultati dell’ultimatum posto dalle autorità per lo scioglimento della protesta cominciata l’8 novembre per ottenere le dimissioni del ministro della Giustizia, Zahid Hamid, le forze dell’ordine sono intervenute con forza.

Per ore manifestanti e agenti si sono scontrati con un bilancio di almeno sei manifestanti ed un poliziotto morti, oltre 160 feriti e 300 arresti. L’intervento delle forze dell’ordine è stato però ad un certo punto sospeso dopo una telefonata in cui il comandante dell’esercito, generale Qamar Javed Bajwa, ha suggerito al primo ministro Shahid Abbasi «moderazione nell’opera di repressione».

Il comandante dell’esercito Bajwa, che si trovava in missione ad Abu Dhabi, ha interrotto la visita ed è rientrato ad Islamabad. Incontrerà in giornata il premier Abbasi per valutare in che termini, e tenendo conto di una ordinanza dell’Alta Corte di Islamabad che impedisce l’uso di armi da fuoco nello sgombero dei manifestanti, l’esercito può essere utilizzato per riportare l’ordine. In attesa di sviluppi, la situazione resta molto tesa, mentre l’Authority per le telecomunicazioni ha disposto il blocco delle trasmissioni tv della protesta e la sospensione dei principali social network (Youtube, Twitter e Facebook).

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