La proposta di legge è già pronta. Entro pochi giorni, forse già in settimana, il testo contro le fake news a prima firma Luigi Zanda, il capogruppo del Pd, verrà presentato in Parlamento. Una delle risposte che i dem vogliono dare al dilagare di bufale on line, annunciata ieri alla Leopolda, nell’affollatissimo tavolo tematico dedicato all’argomento, moderato dai deputati Matteo Richetti e Alessia Rotta. Un provvedimento che difficilmente potrà arrivare all’approvazione, considerato che siamo a fine legislatura, ma che vuole stimolare ad accendere un dibattito su cui Renzi ha deciso di puntare dopo aver commissionato un report sulla questione: «Un posizionamento strategico che pagherà», ripete a chi affronta con lui l’argomento.

«Nei giorni scorsi è diventata virale una foto della Boschi e della Boldrini a un funerale, spacciato per quello di Totò Riina, una evidente bufala: vi racconto la reazioni di due ragazzi che ho conosciuto - spiega Richetti a una piccola folla di fan della Leopolda assiepati attorno al tavolo 42, e due passi da quello coordinato dal ministro Pinotti sulla difesa - uno ci ha creduto: non l’ha diffusa, ma l’ha assunta. L’altro mi ha detto: so che è falsa, ma la condivido per farvi perdere voti», sospira. Il problema è nella testa del segretario da tempo, non a caso ha deciso venerdì sera di aprirci la kermesse della sua corrente, annunciando un’azione civile contro la moglie di Renato Brunetta, che ha dichiarato di essere la vera identità di Beatrice Di Maio, account Twitter che pubblicò foto diffamatorie contro esponenti del Pd.

Qualche settimana fa, il segretario Pd ha chiesto un report specifico: si è rivolto ad Andrea Stroppa, giovanissimo ex hacker del gruppo Anonymous, già ingaggiato in passato dal grande amico Carrai nella sua azienda di cybersecurity. In un paio di settimane, Stroppa ha prodotto una decina di pagine allarmate, in buona parte finite in un articolo del New York Times di due giorni fa: in particolare, ha raccontato come il sito ufficiale Noi con Salvini condividerebbe i codici utili per tracciare le visite e per la pubblicità con un sito di propaganda pro Cinque stelle. Codici condivisi anche con pagine a favore di Putin. Ma ci sarebbe altro: «Ci sono altri network di cui ancora non parlo perché vanno approfonditi», dichiara il giovane consulente di sicurezza informatica.

Già tentato dall’idea di partire all’attacco sul tema, Renzi si è definitivamente convinto. Parlandone nei post su Facebook, in giro tra la gente, e anche in Parlamento: con una legge che ricalca fedelmente quella approvata pochi mesi fa in Germania. «L’obiettivo - spiega la senatrice Rosanna Filippin che ci ha lavorato, presente ieri al tavolo della Leopolda - non sono gli autori dei post, ma è responsabilizzare i gestori di social network». Dinanzi a un reclamo, i giganti del web sono invitati ad attivarsi per valutarlo entro 24 ore se si tratta di «contenuti manifestamente illeciti», altrimenti entro sette giorni. Se nulla succede alla scadenza del tempo, si può ricorrere al Garante della privacy: se anche dinanzi a una sua disposizione il social network decide di far finta di niente, scattano sanzioni pesanti, da 500mila a un milione di euro. «Quello che vorremo riuscire a fare è obbligare i gestori delle piattaforme ad accettare e valutare i reclami in tempi brevi, per evitare il fenomeno della condivisione». Il rischio è quello di incorrere in una sorta di censura: «Non è nostra intenzione: l’abbiamo copiata dalla legislazione tedesca che non è certo un Paese autoritario», giura la Filippin.

A breve dovrebbe essere depositata. Obiettivo, aprire una discussione con gli altri partiti, dove pure il tema è riconosciuto: ieri il candidato premier M5S Luigi Di Maio ha proposto di invitare l’Osce a monitorare le prossime elezioni politiche. Ma difficilmente qualunque provvedimento potrà intervenire prima delle elezioni previste da qui a pochi mesi.

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