Per la prima volta l’Italia cerca di cambiare il modo di intendere il contrasto alla povertà. Non più solo assistenza ed elargizione di denaro al singolo ma progetti concreti di inclusione sociale nel mercato del lavoro per un intero nucleo familiare. Il Rei, acronimo di reddito di inclusione, è lo strumento messo in campo dal Governo dal primo dicembre 2018 per le famiglie in difficoltà, una sorta di patto tra le Istituzioni che forniscono il sostegno economico necessario e i componenti dei nuclei familiari che si impegnano nella ricerca del lavoro, di un percorso di studi e della cura della propria salute. Per arrivare ad avere il reddito d’inclusione universale, di cui l’Italia era uno dei due Paesi dell’Unione Europea ancora sprovvisto, bisognerà però attendere il primo luglio 2018 quando anche i vincoli famigliari previsti per l’accesso al Rei verranno meno, lasciando che sia solo il reddito e la situazione patrimoniale, calcolati dall’Isee (max 6.000€), a determinare la situazione di povertà di una famiglia.

Lanciato il 27 novembre nella cornice del Piccolo Teatro di Milano, alla presenza del ministro del Lavoro Poletti, del presidente dell’Inps Boeri, del sindaco Sala, dell’assessore alle Politiche Sociali Majorino, il Rei intende presentarsi come una piccola rivoluzione nel welfare italiano, senza cedere alle richieste dei Cinque Stelle in fatto di reddito di cittadinanza ma rendendosi conto che in Italia i poveri assoluti sono ormai 4,5 milioni.

Se da un lato i Comuni mettono in campo una carta prepagata per le spese di prima necessità e il prelievo di contante, dall’altro le famiglie si attivano, grazie alla rete informativa sul territorio messa a punto dalla collaborazione tra le varie strutture, in primis l’Inps, nel realizzare un progetto personalizzato di inserimento sociale. «Lo Stato non è più un Bancomat», commenta l’assessore Pierfrancesco Majorino, «ma è la risposta di fronte a un disagio sempre più diffuso, anche nelle grandi città. Abbiamo il compito di essere credibili ed efficienti». «A Milano ad esempio, nel quartiere Quarto Oggiaro, due nostri professionisti saranno a fianco del Comune nel dare informazioni dirette e puntali ai cittadini che hanno bisogno di un sostegno economico», aggiunge Tito Boeri. «Finalmente siamo arrivati a considerare solo il reddito e il patrimonio, scardinando il principio secondo cui solo con un sistema selettivo e categoriale era possibile accedere ai fondi per uscire dalla povertà». Considerato che solo il 4% del Pil viene erogato oggi a chi ha meno di 40 anni, è un significativo passo in avanti.

Secondo le stime del ministero del Lavoro, il cui riferimento legislativo è il decreto n.147, definito la prima legge sulla povertà in Italia, le famiglie che inizialmente usufruiranno del Rei sono 500mila che saliranno a oltre 700mila dal primo luglio 2018. Si tratta di circa 2,5 milioni di persone, di cui 700mila minori. I fondi Povertà, cui attingerà anche il Rei, ammontano a 1,845 miliardi di euro. Per parte sua il Comune di Milano aumenta i finanziamenti in favore di chi si trova in difficoltà arrivando a mettere a bilancio del 2017 38,5 milioni di euro. «Quello di cui abbiamo bisogno è un sussulto etico-politico, non una ricerca di consenso elettorale», conclude Don Virginio Colmegna che con la sua Casa della Carità da 15 anni aiuta i poveri e gli emarginati di Milano.

I commenti dei lettori