Si è conclusa ieri presso il Cattolica Center di Verona il VII Festival della Dottrina Sociale, apertosi giovedì scorso 23 novembre. Due i momenti che hanno caratterizzato l’ultima giornata della kermesse organizzata da monsignor Adriano Vincenzi soddisfatto per l’esito di questa edizione che ha consentito a migliaia di persone di «vivere l’esperienza di una Chiesa diversa, semplice, bella, vera e buona» e nella quale, lontano da approcci autoreferenziali, si è parlato, più che di Chiesa, di relazione anche a servizio del «sistema Italia». Il primo, in mattinata, al Teatro Nuovo con l’intervista al cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei; il secondo dopo mezzogiorno nella Basilica di Santa Anastasia, con la messa celebrata dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

«Il Festival - ha sottolineato Bassetti nel suo intervento - è stato ricco di riflessioni e suggestioni anche dall’Africa e dall’Asia», costituendo sin dallo spunto offerto dal titolo scelto “Fedeltà è cambiamento” «un forte invito ad accogliere la sfida del cambiamento per rimanere fedeli a Dio e all’ Uomo». «Accogliere la sfida del cambiamento significa avviare dei processi, come ha detto il Papa, senza preoccuparsi di occupare degli spazi di potere. Il momento è dell’uomo mentre il tempo è di Dio», ha affermato il numero uno dei vescovi italiani, convinto che i processi devono avere immediato riscontro pratico proprio come la Dottrina Sociale richiede, riferendosi all’essere lievito nella società. Da qui, ha proseguito Bassetti, l’«urgenza di elaborare e applicare nuove pratiche concrete della Dottrina Sociale perché temi come il lavoro e la disoccupazione devono ritrovare centralità nelle riflessioni sociali».

Citando Giorgio La Pira, Bassetti ha ricordato che «i cardini della vita dell’uomo sono il pane e la grazia», insomma «occuparsi della disoccupazione vuol dire prendere sul serio il Vangelo». Poi il presidente Cei ha offerto alcune indicazioni: «I cattolici, prendendo spunto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, hanno a disposizione un grande patrimonio di idee e pratiche che va valorizzato con l’obiettivo di rammendare l’Italia, ricucire il Paese valorizzandone i talenti. È una sfida, un impegno di umanità e santità su cui si gioca il presente e il futuro del Paese. La famiglia e la messa in sicurezza del territorio potrebbero essere, in questo senso, un incentivo di sviluppo per l’Italia».

E a proposito di futuro del Paese e di sviluppo il cardinale ha concluso con un pensiero rivolto ai giovani che «non devono avere paura, perché la paura soffoca e toglie il futuro, paralizza e toglie la speranza». E se i giovani «non sono una generazione perduta, perché hanno la capacità di cambiare le cose», serve in ogni caso un nuovo patto tra generazioni: «Gli adulti devono essere dei punti di riferimento per permettere ai giovani di volare. Per questo serve un patto tra la politica, i giovani e gli adulti, consapevoli che fare le cose belle costa, ma che il sacrificio ripaga».

Di giovani a Verona si è parlato molto anche sabato nel convegno “Esserci per educare… le nuove generazioni”, che ha visto, insieme a quella di diversi rappresentanti di associazioni del mondo della scuola e dello stesso cardinale Bassetti, la partecipazione del ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli. La quale, in tema di pluralismo educativo e offerta formativa per il diritto allo studio, ha annunciato in particolare di aver firmato «la costituzione del Gruppo di lavoro per la definizione del costo standard di sostenibilità per gli studenti», premessa del percorso che dovrebbe portare alla completa attuazione della legge 62 del 2000, sulle “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”.

Di certo un fatto che dimostra volontà di dialogo e considerazione rinnovata verso la qualità e la funzione educativa delle scuole paritarie espressamente citate nell’intervento di Bassetti: «Educare – ha affermato il porporato - è il compito specifico della Chiesa, ed educare è alla fine evangelizzare: è il primo compito che abbiamo nei confronti dei ragazzi. Anche le nostre scuole cattoliche dovrebbero usufruire di quegli stessi diritti di cui usufruiscono tutte le scuole, perché le nostre sono scuole paritarie, pubbliche, dove accogliamo tutti senza distinzione di razza o religione e quindi dovrebbero essere sostenute dallo Stato come avviene nella maggior parte dei Paesi d’Europa».

Un dato che il ministro Fedeli ha ricondotto ad un equivoco storico: «Nel passato vi è stato un periodo in cui la scuola paritaria era vista come una scuola di serie B, non qualitativa. Ma in questi anni è stato fatto un lavoro straordinario per perseguire la qualità eliminando quelle esperienze che non funzionavano, nel rispetto del pluralismo dell’offerta didattica ». E ha aggiunto: «La scuola paritaria è scuola pubblica e sono qui oggi per dialogare, per costruire qualità nella funzione educativa. Il bene comune a cui puntiamo è la formazione dei nostri ragazzi. Vogliamo operare per un rilancio basato sulla corresponsabilità educativa della scuola, intesa come un insieme di studenti, docenti e famiglie». Inizio di un nuovo cammino verso la stabilizzazione del sistema duale?

Ieri, domenica 26 novembre, la conclusione del Festival si è protratta nell’omelia del cardinale Pietro Parolin, che ha celebrato la messa nella Basilica di Santa Anastasia. «Come ha evidenziato Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, il credente non può ignorare le ragioni profonde del suo impegno missionario in ogni realtà. È sollecitato a vivere l’amore a 360 gradi, ossia un amore pieno di verità in ogni ambito della sua vita e delle sue relazioni, fino all’attività finanziaria ed economica. L’amore di Cristo va testimoniato con la difesa della vita nascente e della vita che si spegne, va testimoniato con l’inclusione sociale dei poveri, va testimoniato con l’instaurazione di una sana economia mondiale, va testimoniato aiutando le persone che sono chiamate a operare nel sociale e nel politico, a tutti i livelli, a prepararsi al loro compito, rendendosi consapevoli della necessità di incidere sulle loro cause profonde di bene, non dimenticando che tutto deve essere finalizzato al bene comune», ha detto il Segretario di stato vaticano.

E ha ricordato come «in una società dominata da un individualismo radicale e da una prevalente indifferenza nei confronti dell’altro, come anche da una certa paura del futuro, la Dottrina Sociale rende fecondo l’umano». «In particolare - ha aggiunto - la Dottrina Sociale della Chiesa offre l’ideale storico e concreto di una nuova progettualità relativa alla società, all’economia e alla democrazia». A Verona Parolin ha spiegato anche che «la Dottrina Sociale fornisce, in un contesto caratterizzato dal deficit di una politica amica della persona, spesso lontana dai bisogni della gente, e dall’assenza di una visione a lungo raggio, una piattaforma di beni e valori. Verso tale piattaforma sono chiamati a convergere i credenti e tutti gli uomini di buona volontà». Poi un affondo: «In un contesto di crescente stemperamento di identità, miscelate in maniera indistinta e confusa, in un periodo storico in cui avanzano spinte oligarchiche economiste, diventa urgente la rivalutazione della genialità del cristianesimo».

Ben evidenti, nelle parole del “primo ministro” vaticano, i rimandi al tema del Festival: «Il cambiamento sociale, tecnologico e culturale crea benessere per la società e l’economia, e aumenta anche la felicità solamente quando è compiuto entro l’alveo della verità dell’uomo, della sua grandissima dignità che è quella dell’essere creatura figlia di Dio». Né sono mancati riferimenti alla stretta attualità ancorati al commento del Vangelo del giorno, quello di Matteo 25, 31-46: «Il fenomeno migratorio oggi è al centro dell’attenzione, non soltanto in Italia e in Europa. È il tema di fondo del dibattito politico. Io credo che come cristiani, e il Papa è in prima linea in questo, dobbiamo proporre la nostra posizione e insistere perché, al di là di quelle che sono le competenze specifiche, ci sia una dimensione umana e cristiana nei confronti del fenomeno della migrazione, quindi un atteggiamento di apertura. Oggi vediamo il Vangelo Matteo 25: ero nudo, avevo fame, avevo sete, ero forestiero quello è il testo base per noi cristiani e su quello dobbiamo agire e reagire».

E facendo riferimento al compito specifico che spetta alla Chiesa innanzi al fenomeno migratorio Parolin ha poi ricordato: «La nostra proposta è sempre quella dell’orizzonte di fondo. Poi gli Stati potranno intervenire. Anche noi interveniamo a livello di organizzazioni internazionali. Per esempio abbiamo collaborato per un Compact sulle immigrazioni, che sarà approvato dall’Onu e che contiene anche proposte molto concrete. Però io credo che il nostro impegno deve essere quello di dare un orizzonte di fondo, su cui collocare gli interventi concreti, della fraternità e del riconoscimento della dignità di ogni persona umana».

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