I contatti fervono tra Palazzo Chigi e i vertici del Pd. Sul piatto c’è una misura mirata a facilitare la trattativa con Pisapia e compagni: ad alto valore simbolico, perché impatta sul totem più caro a Matteo Renzi, il jobs act. Il governo è pronto a far entrare nella legge di bilancio il rafforzamento dei risarcimenti previsti per i licenziamenti senza giusta causa: quegli indennizzi introdotti per mitigare l’abolizione dell’articolo 18. Si tratta dunque di un ritocco del jobs act sul punto più sensibile. Ma l’esecutivo non intende farsene carico con un proprio emendamento, bensì accettare nel caso le richieste di modifica in tal senso della sinistra. Per facilitare appunto la trattativa con Campo Progressista avviata dal Pd.

La correzione sul contratto a tutele crescenti si dovrebbe tradurre in un raddoppio delle mensilità di risarcimento per il lavoratore licenziato, passando dalla forbice delle 4-24 attualmente previste, a 8-36 mensilità. La logica è quella di rendere meno conveniente per le imprese il lavoro precario rispetto al lavoro stabile. Una misura che riguarderebbe i licenziamenti individuali e che andrebbe a integrare quanto già inserito nella manovra dal governo per i licenziamenti collettivi, con il raddoppio della “tassa di licenziamento” portata già da 1.470 euro a 2.940 euro.

«Se viene proposta questa modifica con degli emendamenti perché no?», conferma una fonte di Palazzo Chigi con voce in capitolo: aggiungendo che sarà una valutazione che si farà alla Camera con tutto il Pd. E se è vero che a proporre questa misura è per ora la corrente di sinistra di Andrea Orlando, è altrettanto vero che lo stato maggiore renziano non si opporrà a questa richiesta, all’insegna della real politik in questa fase di trattative a sinistra per allargare la coalizione.

«Il governo ha già fatto un pezzo di strada, noi ne possiamo fare un altro», conferma un big del partito alla Camera. Evocando però un principio di «equilibrio» per non pestare troppo i piedi alle imprese con questa norma. Che per il governo - particolare non irrilevante - sarebbe a costo zero. Ma non saranno i deputati di Campo Progressista a proporla come loro emendamento alla manovra, per una questione di principio: «Non chiederemo noi una monetizzazione dei licenziamenti», tagliano corto gli uomini di Pisapia, ricordando la netta contrarietà espressa sull’abolizione dell’articolo 18. Ma certo una modifica in tal senso che favorisca i lavoratori, benedetta da governo e Pd, verrebbe accolta dalla sinistra come un segnale positivo.

Il grimaldello per aprire il coperchio finora blindato del jobs act potrebbe essere quindi un emendamento del presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano: il quale ha avuto due giorni fa sul tema «indennizzi del jobs act» un confronto con il governo, recandosi apposta a Palazzo Chigi. Ed inserirà questa richiesta dell’aumento delle mensilità di risarcimento tra le priorità per la manovra che entra domani alla Camera. Pisapia e compagni, oltre all’approvazione del biotestamento e dello ius soli (per il quale si battono ancora nei colloqui di queste ore) hanno squadernato al mediatore Piero Fassino una lunga lista di desiderata: la stabilizzazione del lavoro a favore dei contratti a tempo indeterminato è in cima alla lista; un secondo segnale atteso in manovra nel passaggio della Camera è l’estensione della cassa integrazione, oggi prevista per le grandi crisi complesse, ai tavoli di crisi aperti al ministero, «sarebbe una presa in carico dei lavoratori in difficoltà».

Ma dopo il lavoro, al secondo posto figura l’abolizione del superticket: al Senato sono stati stanziati 60 milioni per il superamento graduale negli anni e alla Camera sarà richiesto un altro sforzo per raggiungere la cifra di 100 milioni di euro. Ma i fondi scarseggiano e la partita a 360 gradi del Pd deve ancora cominciare.

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