“La cooperazione tra Egitto e Italia per la soluzione del tragico caso di Giulio Regeni è eccellente, la Procura del Cairo non è mai stata cosi aperta verso l’esterno nel fornire informazioni e dati, capiamo il vostro dolore e non vogliamo che questo incidente danneggi i rapporti tra i nostri due Paesi”. A parlare è il ministro degli esteri egiziano Sameh Hassan Shoukry dal palco romano della terza edizione di Mediterranean Dialogue e a margine dell’intervista pubblica con il direttore dl giornale radio rai Gerardo Greco e Nicolas Pelham dell’Economist, un intervento nel quale Shoukry ribadisce come l’Egitto sia un Paese “inclusivo, tollerante, stabile, pur avendo avuto due rivoluzioni in sei anni”, e in lotta contro il terrorismo (“sollecitiamo la collaborazione europea e americana nel fornirci quegli strumenti di sorveglianza e monitoraggio che oggi subiscono restrizioni”).

Gli interlocutori obiettano che al puzzle sulla morte del ricercatore friulano massacrato nella capitale egiziana quasi due anni fa mancano diversi tasselli importanti, a partire dai video, mai consegnati, delle telecamere nella metro. Lui annuisce e assicura, come da mesi ripetono le autorità del Cairo, che è solo questione di tempo, che il ritardo dipende dal recupero delle immagini da parte delle compagnie europee incaricate: “E’ un problema tecnico, la volontà politica, che qui rappresento, è totale, nei prossimi incontri tra le nostre procure avrete i dati che mancano”.

Restano una certa dose di insoddisfazione nella platea a tratti rumoreggiante e parecchie domande nell’aria, come la sorte di legali egiziani della famiglia Regeni (impossibilitati a partire) e i lunghi mesi di depistaggi: Shoukry si trattiene qualche minuto al termine dell’incontro e non si sottrae alle questioni, nega però che ci sia alcun genere di problema per chi lavora al caso Regeni e ribadisce che l’Egitto vuole la verità.

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