Una risata li seppellirà. A prendere terribilmente sul serio il detto è Giulio Cavalli, da qualche anno impegnato in una ricerca artistica che punta a unire lotta alle mafie e palcoscenico. Al Teatro della Cooperativa (fino al 6 dicembre, 9/18 euro) in questi giorni è di scena la sua ultima creazione, “Mafie, maschere e cornuti”: un cabaret pensante ispirato alla lezione dei giullari del Cinquecento. Col suo cavallo di battaglia, “Nomi, cognomi e infami”, dedicato sempre a temi di mafia, Cavalli ha girato per dieci anni l’Italia mettendo insieme oltre 500 repliche: l’auspicio è riuscire a fare altrettanto anche con l’ultimo nato.

Come? A colpi di risata, naturalmente, come lui stesso spiega: «Ridere è l’arma più efficace contro i prepotenti: quando il potere è incapace di governare rispettando le regole teme la parola dei giullari, perché ha bisogno di nascondere le proprie impudicizie». Ripercorrendo le ultime operazioni antimafia, la pièce racconta la tragica comicità di una mafia che, denudata, non può più fare così paura. Per Cavalli, ridere di criminalità è quindi “antiracket culturale”, e le mafie, «come tutte le cose mortalmente serie, meritano di essere derise».

Ma il teatro fa bene anche a chi qualche errore l’ha commesso: la compagnia Opera Liquida riunisce i detenuti del carcere di Milano Opera e produce spettacoli intensi e originali sul groviglio: individui-legge-morale. Al Nuovo Teatro Ariberto (ore 20.45, 12 euro) stasera è di scena “Undicesimo comandamento - Uccidi chi non ti ama”, tratto dall’omonimo romanzo di Elena Mearini. Lo spettacolo è dedicato in primo luogo alle donne oggetto di violenza, a cui i detenuti-attori durante lo spettacolo rivolgono l’invito a non perdere fiducia nella giustizia e nella legge, come hanno fatto loro prima di recuperarla. In carcere il teatro aiuta a scoprire i lati oscuri della personalità: lo spettacolo diventa arte e testimonianza di un percorso di redenzione sempre possibile.

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