Doveva essere il giorno della svolta sulla Brexit e invece il tentativo di Theresa May e di Jean-Claude Juncker di sbloccare i negoziati sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è fallito, dopo che il premier britannico è stata costretta a fare marcia indietro su un testo concordato con l’Unione Europea a causa di una rivolta interna che mette a rischio la sopravvivenza del suo governo. «Nonostante i nostri migliori sforzi e i progressi significativi fatti negli ultimi giorni non è stato possibile raggiungere un accordo completo oggi», ha detto il presidente della Commissione al termine di un lungo pranzo con May. Juncker ha parlato di «due o tre» questioni ancora aperte che richiedono «ulteriori consultazioni, ulteriore negoziato e ulteriore discussione».

Le trattative continueranno e un compromesso potrebbe essere ancora raggiunto nel fine settimana. Ma la delusione è enorme, visto che tutti si aspettavano un accordo. «Sono sorpreso e deluso che il governo britannico ora non sembri più nella posizione di concludere ciò che era stato concordato», ha detto il premier irlandese, Leo Varadkar, accusando May di aver cambiato idea all’ultimo momento. Questa mattina «avevo ricevuto conferma dal governo britannico e dalla Task Force guidata da (Michel) Barnier che il Regno Unito aveva concordato un testo sulla frontiera che andava incontro alle nostre preoccupazioni», ha spiegato Varadkar.

A obbligare May a fare marcia indietro è stato il Partito Democratico Unionista nord-irlandese (Dup), che si è opposto a una bozza di compromesso già negoziata da May e Juncker che avrebbe dovuto evitare il ritorno di una frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del Nord. La soluzione prevede un «allineamento normativo» dell’Irlanda del Nord sulle regole del mercato interno e dell’unione doganale, che avrebbe di fatto privato il Regno Unito di una parte della sua sovranità. «Non accetteremo alcuna forma di divergenza normativa che separi economicamente o politicamente l’Irlanda del Nord dal Regno Unito», ha risposto la leader del Dup, Arlene Foster, da cui dipende la maggioranza del governo May alla Camera dei Comuni.

May e i leader dell’Ue vogliono comunque credere che sia possibile raggiungere un accordo prima del Consiglio europeo del 15 dicembre, quando i capi di Stato e di governo dovranno decidere se sono stati fatti progressi sufficienti per passare alla seconda fase dei negoziati su periodo transitorio e relazioni future. «Ci ritroveremo prima della fine settimana» e «sono fiduciosa che concluderemo positivamente», ha spiegato May. I tempi sono «molto stretti», ma un accordo nei negoziati Brexit «è ancora possibile», ha detto il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.

Theresa May ha già ceduto alle principali richieste dell’Ue sui diritti dei cittadini e gli impegni finanziari che il Regno Unito deve onorare per la Brexit. Ma sulla frontiera irlandese continua a pesare il veto del governo di Dublino. L’Irlanda «vuole passare alla fase due», ma non può «garantire» il via libera per un accordo, ha avvertito Varadkar. May è di fronte a un dilemma. La premier britannica non solo è condizionata dalla possibilità che gli unionisti del Dup facciano saltare il suo governo; le concessioni fatte sull’Irlanda del Nord hanno aperto un vaso di pandora che potrebbe portare alla disintegrazione del Regno Unito, con la Scozia, il Galles e Londra che chiedono di restare nel mercato unico e nell’unione doganale. «Se una parte del Regno Unito può mantenere un allineamento in termini di regolamentazione con l’Ue e di fatto restare nel mercato unico (cosa che è la giusta soluzione per l’Irlanda del Nord) sicuramente non vi sono ragioni pratiche perché altri non possano» fare altrettanto, ha detto il premier scozzese, Nicola Sturgeon. Lo stesso messaggio è arrivato dal premier del Galles Carwyn Jones: «Non possiamo permettere a parti diverse del Regno Unito di essere trattate in modo più favorevole di altri. Se a una parte del Regno Unito viene concessa la partecipazione continua al Mercato unico e all’unione doganale, allora ci aspettiamo che venga fatta la stessa offerta». In un tweet, anche il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha chiesto di restare con un piede nell’Ue: «i londinesi hanno votato a larga maggioranza per rimanere nell’Ue e un accordo simile (a quello per l’Irlanda del Nord) qui potrebbe proteggere decine di migliaia di posti di lavoro».

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