«Boschi bugiarda! Casini fiancheggiatore! Brunetta morbido, è ancora Nazareno!» Palazzo San Macuto, ieri all’imbrunire. Incurante del freddo poco romano Alessandro Di Battista improvvisa un sit-in Cinque Stelle di fronte al palazzo che ospita la commissione di inchiesta sulle banche. Chiama i suoi deputati, fa la diretta Facebook. Dentro sta per iniziare la riunione allargata dell’ufficio di presidenza per decidere l’ultimo round di audizioni prima che Sergio Mattarella sciolga le Camere e suoni il gong. C’è ancora da ascoltare il presidente della Consob, il governatore di Bankitalia, il ministro del Tesoro.

Molti vorrebbero incontrare Mario Draghi, ma la sensazione è che gli impedimenti legali e la realpolitik avranno la meglio: l’audizione del governatore Bce porta con sé rischi che potrebbero superare i confini nazionali. L’attenzione di tutti è su un signore la cui testimonianza potrebbe durare lo spazio di una domanda: l’ex numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni. Il piccolo plenum - 13 persone in tutto fra cui i pentastellati Carlo Sibilia e Carla Ruocco - lancia la palla fra le gambe di Pierferdinando Casini. Entro le 18 di oggi il presidente della commissione dovrà presentare un nuovo calendario. L’audizione di Vegas, Visco, Padoan è fuori discussione. Il problema è chi ascoltare fra banchieri ed ex banchieri: Ghizzoni su tutti, ma anche i due ex numeri uno di Veneto e Vicenza Vincenzo Consoli e Gianni Zonin, entrambi sotto inchiesta e per i quali l’audizione potrebbe rivelarsi un insperata tribuna. Oggi Casini dovrà presentare due liste di persone da ascoltare: la prima conterrà le personalità sulle quali c’è l’unanimità o quasi. La seconda passerà al vaglio dei gruppi, e se necessario votata per alzata di mano dai commissari.

La pressione dei Cinque Stelle è su Ghizzoni, colui che - secondo l’ormai famosa ricostruzione di Ferruccio De Bortoli - sarebbe stato avvicinato da Maria Elena Boschi perché intervenisse nel salvataggio di Etruria prima che fosse commissariata e trascinasse con sé la reputazione del padre, vicepresidente dell’istituto. «Tutti tranne il Pd vogliono ascoltare Ghizzoni», attacca la Ruocco uscendo dalla riunione. La verità è un po’ più complicata di così: oltre al Pd e al suo vicepresidente Mauro Marino, sono contrari all’audizione sia Casini che l’altro vice, il forzista Renato Brunetta, il quale non ha formalizzato alcuna richiesta. Ma dentro Forza Italia e nel centrodestra non tutti la pensano come lui.

Secondo quanto riferiscono i ben informati non è detto ci sia una maggioranza a favore dell’audizione del banchiere. Se ci fosse, si tratterebbe del momento cruciale di questo scorcio di fine legislatura. Se Ghizzoni ammettesse le pressioni, il governo potrebbe esserne travolto e costretto alle dimissioni, se viceversa il banchiere le negasse, per Renzi sarebbe un’inaspettato assist alla campagna elettorale.

In questo bailamme la ricostruzione di quanto accaduto in questi anni nel sistema bancario e delle responsabilità di chi l’ha gestito è finita in secondo piano. Ieri è stato ascoltato Roberto Nicastro, l’ex presidente dell’istituto nato dalla risoluzione nel 2015 di quattro banche, fra cui proprio Etruria. Di fronte alle domande di molti commissari che paventavano complotti ai danni di questa o quella, Nicastro ha banalmente ricordato che erano tutte in condizioni catastrofiche, spolpate dal credito facile e dall’occultamento sistematico delle perdite.

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