«La corruzione va combattuta con forza. È un male basato sull’idolatria del denaro che ferisce la dignità umana». Ancora una volta Francesco torna a stigmatizzare una piaga del nostro tempo le cui conseguenze ricadono soprattutto sulle fasce deboli della società. La denuncia del Pontefice passa via Twitter, attraverso un cinguettio diffuso dal seguitissimo account in nove lingue @Pontifex, in occasione della Giornata mondiale contro la corruzione promossa dalle Nazioni Unite.

Quello sul popolare social network è l’ultimo di una serie di appelli del Papa argentino contro questa patologia sociale, definita a più riprese come «cancro», «virus», «tarlo», «smog», «carcere», verso cui non ha mai mancato di scagliarsi sin dall’inizio del suo pontificato. Ma già da prima, come arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio metteva in guardia dalle diverse situazioni di corruzione «che ci circondano e ci minacciano con le loro seduzioni». 

«Peccatore sì, corrotto no», affermava l’allora cardinale, perché «il peccatore, se si pente, torna indietro; il corrotto, difficilmente». «Il corrotto passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, al prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da non sono stato io, faccia da santarellino, come diceva mia nonna. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia!». Parole poi raccolte postume nel libro best-seller “Guarire dalla corruzione”.

Da Buenos Aires a Roma, passando per Napoli dove Francesco, su un territorio impregnato di criminalità quale la piazza centrale di Scampia, gridava nel marzo 2014: «La corruzione spuzza! La società corrotta spuzza!», dove la “S”, appartenente all’italiano antico e ancora mantenuta in alcuni dialetti, era usata di proposito per rimarcare l’olezzo particolarmente rivoltante.

Poi nella cappella della Casa Santa Marta, in diverse omelie mattutine il Pontefice è tornato sull’argomento: dall’accusa agli «adoratori della dea tangente», all’invito a percorrere un «cammino faticoso» per guarire da tale malattia, fino al recente monito ad aver «fiuto» per non cadere nelle «cordate di corruzione» di cui fanno parte coloro quelli che sono chiamati ad amministrare i beni del popolo, e che invece scadono spesso e volentieri in «atteggiamenti mafiosi».

I politici in primis. Proprio a loro si era rivolto il Papa nella sua visita a Cesena parlando della corruzione come «tarlo della vocazione politica», che «non lascia crescere la civiltà» ed ostacola la vocazione del buon politico ad «essere un martire» e mettere le proprie idee al servizio del bene comune. E nell’Angelus del 5 novembre scorso, Francesco avvertiva anche: «L’autorità è un aiuto, ma se viene esercitata male, diventa oppressiva, non lascia crescere le persone e crea un clima di sfiducia e di ostilità, e anche la corruzione». 

L’affondo più grave di Papa Francesco contro la corruzione si trova tuttavia nelle righe scritte come prefazione del libro-intervista del cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, a cura di Vittorio Alberti. “Corrosione” il titolo del volume edito da Rizzoli che, con una metafora, vuole ribadire l’idea di un male che vuota l’anima della persona. Francesco rincara la dose e nel suo scritto parla di «bestemmia», di «cancro che logora le nostre vite» e che va combattuto tutti insieme, da «persone di tutte le fedi e non credenti». Perché «siamo fiocchi di neve, ma se ci uniamo possiamo diventare una valanga» capace di arginare questa che – sempre il Papa lo afferma – è la «peggiore piaga sociale» dell’ultimo secolo.

Da non dimenticare infine che, come reso noto dal Dicastero per lo sviluppo integrale a conclusione del primo Dibattito Internazionale sulla Corruzione, svoltosi a giugno nella Pontificia Accademia per le Scienze sociali, in Vaticano è allo studio un decreto per condannare corrotti e mafiosi al massimo della pena nella Chiesa: la scomunica. «È una questione non solo di legalità», si diceva, «ma di civiltà».

I commenti dei lettori