Se sabato sera al Teatro Alfieri aveste chiuso gli occhi e ascoltato solo la musica non avreste potuto dire che sono passati 40 anni. Certo, quel rock si faceva negli anni ’70 del Novecento. Ma è rimasto sospeso nel tempo, come le lucciole di cui la Locanda delle Fate cantava, magiche stelle da portare in tasca. Ed è rimasto fresco, perché ben fatto, ricco di idee e suggestioni, e loro, i «locandieri», continuano ed essere musicisti d’alta quota.

Sabato (9 dicembre 2017), per l’ultimo concerto della band, il teatro si è riempito dei fedelissimi, che non sono solo quelli della prima ora. C’erano anche i giovani che hanno scoperto La Locanda delle Fate grazie alla «prog renaissance», arrivati con un vinile gelosamente custodito sottobraccio per farselo autografare. E gli ultra fan come Yasushi, arrivato da Tokyo, come già alla Reunion del 2010 e al concerto milanese del Farewell tour. A contendergli il primato di fan giunto da più lontano, gli amici brasiliani (9.200 km) conosciuti un mese fa nei concerti a Rio de Janeiro.

Aperta da una lirica di Fulvia Dorigo proiettata sul fondale, la scaletta del concerto ha toccato tutta la storia del gruppo. I componenti, a turno, hanno espresso le emozioni del momento. «E’ una festa di compleanno - ha annunciato il cantante Leonardo Sasso interrompendosi per la commozione - 40 anni di felicità ma anche rimpianti. Ringrazio questi musicisti, non ne ho trovati altri così ricchi di potenziale espressivo».

Max Brignolo, chitarrista, ha ricordato: «Al concerto d’esordio avevo 15 anni ed ero seduto in un palco. Mai avrei immaginato che sarei stato in scena 40 anni dopo. La differenza è che stasera non ho pagato». Brignolo ha poi reso omaggio a Sergio Pesce, chitarrista da poco scomparso.

Sul palco sono stati invitati anche alcuni «ex» come Alberto Gaviglio, che ha introdotto Ezio Vevey, costretto sulla sedia a rotelle dalla sclerosi multipla: «un genio creativo». Ha poi spiegato che la Locanda era divisa in «botteghe»: dei fuochi d’artificio (Vevey), dei mastri cesellatori (Gardino e Mazzoglio) e prestigiosa sartoria letteraria (lui e Boero). Unico assente Michele Conta («con la febbre, dice lui» ha sogghignato Gaviglio).

Con assoluta onestà Gardino ha commentato: «Per me non è una festa, non mi sento allegro e mi spiace che l’avventura finisca». Mazzoglio ha invece ricordato la piccola fisarmonica regalatagli dal padre quando aveva 5 anni e poi fatta a pezzettini dalla sorellina di 3 anni: «E’ un miracolo che sia ancora viva ed è qui in sala».

In tre ore i «locandieri» hanno condensato 40 anni di musica e avventure, abbracciato amici di lunga data e nuovi, offerto emozioni a piene mani. Per loro una lunga, calorosa, «standing ovation», un’enciclopedia di significati.

I commenti dei lettori