Si è svolta tre giorni fa un'udienza del procedimento penale che vede imputato un giovane prete milanese, don Mauro Galli, accusato di violenza sessuale ai danni di un giovane che nel dicembre 2011, all'epoca dei fatti, aveva 15 anni. Il prete è attualmente sospeso dall'attività sacerdotale, si trova a Roma ed è in corso, oltre al processo penale, anche quello canonico previsto in questi casi, dopo la segnalazione alla Congregazione per la dottrina della fede.

 

La vicenda, che un comunicato della Curia di Milano definisce «tortuosa, complessa e oscura», auspicando che la giustizia possa fare luce, è stata rilanciata nei mesi scorsi dal sito web “Rete L'Abusoˮ e da chi ha cercato di frenare la nomina del nuovo arcivescovo di Milano Mario Delpini. Una ricostruzione dei fatti e dell'udienza è stata pubblicata venerdì 15 dicembre dal quotidiano Il GiornaleSecondo la Curia ambrosiana i fatti sarebbero stati presentati «in modo parziale e non del tutto corretto, esprimendo giudizi arbitrari e traendo conclusioni non rispettose della verità e delle persone citate». Si parla infatti di “intercettazioniˮ - registrazioni segretamente effettuate dai familiari del giovane nel corso di due incontri con i vescovi Delpini (oggi arcivescovo ambrosiano, all'epoca vicario della zona pastorale dove si trova la parrocchia frequentata dalla famiglia) e Pierantonio Tremolada (oggi vescovo di Brescia, all'epoca responsabile della pastorale giovanile). Trascrizioni che sono state acquisite agli atti del processo.

 

L’episodio contestato, scrive la Curia, risale al 2011 «quando ancora nessuno era a conoscenza di quanto realmente accaduto e sopratutto quando ancora la parola “abuso” si manteneva distante dal racconto della vicenda». In effetti soltanto nel luglio 2014, non prima, «il legale della presunta vittima ha presentato la denuncia querela». E dunque si è parlato di tentata violenza sessuale.

 

«Né monsignor Mario Delpini - si legge nel comunicato - né monsignor Pierantonio Tremolada, né il cardinale Angelo Scola e altri responsabili dell’arcidiocesi di Milano hanno coperto o insabbiato alcun reato. Nell’immediatezza dei fatti ora oggetto di indagine – siamo nel dicembre 2011 - era emerso soltanto che don Mauro Galli aveva ospitato presso la sua abitazione il ragazzo (con il consenso previo dei genitori del minore) dormendo quella notte nello stesso letto a due piazze: la narrazione degli avvenimenti consentiva di escludere che fosse avvenuto un episodio di abuso. Un atteggiamento – quello del sacerdote – di sicuro gravemente imprudente ma che – stando alla conoscenza dei fatti dell’epoca – di certo impediva di ipotizzare qualsivoglia reato».

 

Il prete aveva ospitato il ragazzo a casa sua, e nei giorni successivi, dopo il racconto fatto ai genitori, era emerso che i due avevano dormito nello stesso letto matrimoniale. Al processo è emerso che erano rimasti abbracciati. Ma sia la presunta vittima, sia il sacerdote, concordavano nell'escludere che fosse avvenuto un abuso e cioè che il prete avesse tentato un approccio sessuale molestando il ragazzo. Soltanto nel 2014, ricorda la Curia milanese, il ragazzo presenterà «una versione dei fatti penalmente rilevante, contrariamente a quella raccontata immediatamente dopo l’accaduto». E dirà, dopo essere stato seguito dallo psicoterapeuta, ciò che probabilmente subito dopo l'accaduto non era stato in grado di esprimere: vale a dire che don Galli avrebbe tentato anche un approccio sessuale.

 

Appena venuti a conoscenza della prima versione dei fatti (nessuno parla o denuncia un abuso), don Mauro viene anzitutto affidato ad uno psicologo affinché iniziasse (come è poi accaduto e in via cautelativa) un percorso che lo aiutasse a ricostruire e comprendere la natura e la verità del gesto gravemente imprudente accaduto, cioè l'aver dormito insieme a un ragazzo secondo lui bisognoso di conforto e protezione. Don Galli viene quindi trasferito da Rozzano a Legnano con provvedimento dell’1 marzo 2012 firmato dall’allora vicario generale della diocesi di Milano, monsignor Carlo Redaelli, «anche se l’allontanamento effettivo del sacerdote dal ragazzo era intercorso ben prima».

 

«Questo primo trasferimento - si legge ancora nel comunicato della Curia - era motivato dall’inopportunità di lasciare a Rozzano don Mauro dopo l’episodio in oggetto, nel frattempo divenuto notorio. Con il trasferimento a Legnano don Mauro viene affidato in modo particolare a due sacerdoti per un accompagnamento personale. Anche in questo caso, dunque, lo spostamento di don Mauro rispondeva ad una logica “cautelativa”, non di certo alla consapevolezza da parte della diocesi o della parrocchia di un sospetto abuso». Se ci fosse stato il fondato sospetto di abuso, infatti, le procedure prevedevano l'apertura di un processo canonico.

 

«Dopo ulteriore riflessione l’autorità diocesana decide successivi spostamenti, attribuibili a monsignor Mario Delpini dopo l’assunzione formale da parte di quest’ultimo, nel luglio 2012, del ruolo di vicario generale della diocesi di Milano. Nel dettaglio - ricostruisce la nota della Curia ambrosiana - il 31 ottobre 2012, don Mauro Galli viene prima destinato alla cura pastorale della Cappellania ospedaliera di S. Maria Annunciata in Niguarda – deliberatamente lontano dal contatto con i minori - e con provvedimento del 10 luglio 2013 inviato a completare il suo percorso di studi a Roma, con residenza (effettiva dal settembre 2013) in un istituto religioso abitato solo da adulti». 

 

Don Galli, per motivi precauzionali e ancora in assenza di una denuncia o di una segnalazione di sospetto abuso viene dunque allontanato dal contatto con minori e inviato a Roma. «Ciò avviene - precisa la Curia - ancora per le medesime ragioni precedentemente esposte: evitare il contatto di don Mauro con il ragazzo e la sua famiglia, pur non essendo emerso alcun fatto di rilievo penale». 

 

La situazione cambia radicalmente a metà del 2014, quando per la prima volta «la famiglia del ragazzo racconta una nuova versione del fatto del 2011, parlando di abusi e nel luglio 2014 viene presentata la denuncia querela dai loro legali». Il 21 gennaio 2015, dopo i primi accertamenti in loco, viene aperta l’indagine previa con la conseguente trasmissione dei risultati alla Congregazione per la dottrina della fede presso la Santa Sede. Il dicastero vaticano, esaminate le carte, «affida la questione al Tribunale ecclesiastico lombardo (organismo indipendente dalla diocesi di Milano) per l’apertura della causa canonica penale».

 

Il 18 maggio 2015 a don Galli viene notificato il provvedimento di sospensione in modo cautelativo dall’esercizio del ministero sacerdotale. «Queste decisioni - si legge nel comunicato - mai hanno avuto l’intento di “coprire” il caso né da parte del cardinale Scola, né da monsignor Delpini o da monsignor Tremolada o da altro esponente della Curia milanese. Testimoniano invece con evidenza l’intento di operare con scrupolo e coscienza, nel rispetto di tutte le parti, nell’ossequio delle prescrizioni canoniche e delle leggi italiane, decidendo ogni volta con gli elementi e le informazioni disponibili in quel momento».

 

«Non a caso - continua la nota della Curia milanese - la decisione di trasferire don Mauro da Rozzano, fu presa soprattutto in accoglimento delle sollecitazioni della famiglia del ragazzo nel 2013, quando questi non avevano ancora denunciato alcunché. È infatti emerso chiaramente nella corso della scorsa udienza celebrata dinnanzi al Tribunale di Milano che la famiglia del ragazzo ha appreso i fatti con maggiore contezza soltanto nel 2014 quando il sacerdote era già stato trasferito a Roma da un anno. È evidente dunque che la diocesi ha agito in modo tempestivo ed efficace, ancor prima che fossero emersi fatti di rilievo penale».

 

La Chiesa di Milano ha mostrato, precisa il comunicato, «la costante disponibilità al dialogo (di persona e per lettera) con la famiglia» da parte di diversi esponenti della Curia ambrosiana e «dell’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Allo stesso modo l’Autorità diocesana interveniva secondo protocollo dopo la denuncia querela del 2014. Intercorsa nel frattempo la nuova versione dei fatti e la denuncia querela del 2014, l’Autorità diocesana – dimostrando così atteggiamento trasparente – ha agito ulteriormente», sospendendo il presunto colpevole, aprendo l'indagine previa e trasmettendo gli atti in Vaticano, collaborando con le indagini.

 

«L’arcidiocesi di Milano - precisa ancora la nota della Curia ambrosiana - fa inoltre presente che ad oggi non risulta parte del processo penale, in cui è stata coinvolta insieme alla parrocchia di Rozzano, solo inizialmente, in qualità di responsabile civile. La qualifica in questione è venuta meno per le intervenuta revoca della costituzione di parte civile nel processo penale da parte del ragazzo e della famiglia, stante l’accordo transattivo conseguito con don Mauro Galli su cui né la parrocchia, né l’arcidiocesi hanno avuto qualsivoglia ruolo morale o materiale». É infatti emerso al processo che sarebbe stata raggiunto un accordo per un risarcimento in sede civile. Ma si tratta di un accordo avvenuto tra la vittima e il sacerdote, senza alcun coinvolgimento della diocesi.

 

«Nel dolore per la sofferenza che questa vicenda continua a suscitare in questo ragazzo ormai diventato adulto, alla sua famiglia, a don Mauro e a tutte le parti coinvolte, l’arcidiocesi di Milano che – lo si ripete - non è in alcun modo chiamata in causa nella vicenda giudiziaria, né ha mai intrapreso azioni risarcitorie - ribadisce la volontà – se necessario - di continuare la collaborazione alle indagini per giungere alla ricostruzione della piena verità sui fatti in esame».

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