I Conti Melano di Portula. I della Chiesa d’Isasca. I Pensa di Marsaglia. I della Chiesa di Benevello. I Derossi. Sono le 5 famiglie nobiliari di Saluzzo che nel 1807 acquistarono la chiesa di San Giovanni.

Prima di Natale, il vescovo ha scritto una lettera agli 11 eredi dei due nuclei ancora esistenti: i della Chiesa d’Isasca e i della Chiesa di Benevello. I Melano e i Pensa, infatti, sono stati dichiarati «estinti», mentre i Derossi non sono stati individuati. Monsignor Cristiano Bodo ha comunicato l’intenzione della Diocesi di diventare proprietaria della chiesa simbolo di Saluzzo, a livello formale. All’edificio religioso, risalente al 1281, occorrono manutenzioni urgenti, ma da anni non si risolveva la questione della proprietà.

«La chiesa fu comprata dalle famiglie – dice monsignor Bodo – e dismessa nuovamente dagli stessi nobili a favore del vescovo di Saluzzo Ferrero della Marmora nel 1820. Di questo passaggio manca una registrazione ufficiale e così ci siamo rivolti ai discendenti, perché confermino la volontà dei loro avi».

Un parente ha già risposto. «Ci ha scritto – prosegue – che concordano nell’assegnare il bene alla Diocesi e sono contenti che la chiesa possa essere ancora usata per il culto e per fini pastorali. Contiamo di ricevere altre repliche nei prossimi giorni».

Gli altri pareri

Gli uffici diocesani hanno anche chiesto altri pareri. «Ci siamo rivolti – prosegue il vescovo – all’Ufficio legale della Cei per chiarire meglio la questione. Ci hanno confermato che, secondo loro, il San Giovanni è di proprietà della Diocesi, ma ci hanno anche invitato a rivolgersi alle famiglie che l’acquistarono ad inizio ‘800, per fugare ogni eventuale dubbio futuro, proprio come abbiamo fatto».

«Quando le cinque famiglie dismisero la chiesa nel 1820 – dice Sonia Damiano, storico dell’Arte dell’Ufficio Beni culturali diocesano –, si riservarono di rientrarne in possesso ad una condizione: doveva cessare l’officiatura, cioè non doveva più essere usata come luogo di culto. L’allora vescovo accettò nel 1822, ma la celebrazione periodica delle messe non si interruppe mai, quindi la donazione restò e anche l’accettazione di Ferrero della Marmora. Quest’ultima, però, non fu mai registrata e non esiste un formale atto».

«Sono state effettuate ricerche approfondite – aggiunge – negli archivi diocesani e di una ricognizione condotta dall’architetto Silvia Beltramo del Politecnico di Torino. Intanto, quanto ci è stato comunicato dalla Cei si basa su un parere legale del 1925 dell’avvocato torinese Bricarelli, che già un secolo fa aveva confermato la validità del passaggio di San Giovanni dalle famiglie alla diocesi».

Le risposte per i lavori

Quando anche gli altri eredi dei nobili saluzzesi avranno risposto e sarà definito il «nodo-proprietà», l’intenzione del vescovo è di avviare al più presto alcuni lavori urgenti. «C’è già un accordo con il Comune, la Sovrintendenza e la Regione – precisa – : gli interventi saranno a più mani, perché è un monumento simbolo della città ed unico nel suo genere». Damiano: «Si inizierà dai tetti e dalla cappella marchionale, gioiello culturale della chiesa».

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