Da un paio di giorni Silvio Berlusconi è l’ospite prediletto della tribuna web di Beppe Grillo. Berlusconi «bugiardo», Berlusconi «re delle fake news», Berlusconi «inaffidabile». In apertura del blog del comico, per tutta la giornata di ieri, c’è stata una fotografia di Giorgia Meloni e Berlusconi, sopra le loro teste la scritta: «Nel 2011 votarono a favore della riforma Fornero». Sotto: «Oggi dicono di volerla abolire. Ti fidi ancora di loro?».

Proprio sulle pensioni, dopo l’accordo di coalizione raggiunto nel centrodestra, dove è prevista l’abolizione della riforma Fornero, i 5 Stelle sanno di aver avuto troppi inciampi nelle ultime settimane. L’ambiguità della proposta, che prevedrebbe di trattenere quote a tutti i pensionati per poter più avanti tagliare solo quelle sopra i 5 mila euro, ha dato una gran mano alla stampa vicina al centrodestra, facilitata nel dire che i grillini vogliono la tagliola su tutti gli anziani, una fetta importante di elettorato che Berlusconi da sempre è capace di sedurre. E così ieri, dopo essere stati definiti da Berlusconi, sul Foglio, «il più grande pericolo dal dopoguerra», in una riunione organizzata per proporre una strategia di difesa e di contrattacco, presente il candidato premier Luigi Di Maio, il M5S ha definitivamente preso consapevolezza che la sfida sarà tutta contro l’ex Cav. Dimenticarsi di Renzi, per quanto possibile. Questo è il mandato. Ricalibrare la comunicazione su alcuni temi già cavalcati dai 5 Stelle: «L’abolizione della riforma Fornero – sostiene Di Maio – è da sempre un punto del nostro programma». Ma se chiedi in giro, qualsiasi italiano ti risponderebbe che è una specialità di Matteo Salvini.

Di Maio ha chiesto ai suoi parlamentari di insistere molto sui temi economici. La grande manovra di choc fiscale dovrà essere declinata un po’ meglio, ma quella è la direzione da percorrere. Convincere il ceto medio, quello più spaventato dalla crisi, e la classe produttiva del Nord, che vuole più sicurezza e meno tasse. Il giovane leader sta percorrendo tappa a tappa tutto il Nord-Est nella speranza di strappare consensi a Berlusconi, in una terra dove vince chi insiste sulle piccole e medie imprese. È di qualche settimana fa l’idea, da valutare meglio prima di ufficializzarla, di un ministero ad hoc, dedicato alle Pmi. Una sorta di spin off del ministero dello Sviluppo economico, magari allargabile al mondo delle start up innovative, che Di Maio potrebbe offrire come garanzia ai piccoli imprenditori. Speravano che Massimo Colomban, grande amico dei Casaleggio, inviato a Roma per un anno come assessore, fosse nella squadra parlamentare. Ma ha declinato l’invito.

Al suo posto, il casting grillino ha puntato sul giornalista tv Gianluigi Paragone e sul collega, ex direttore di SkyTg24, Emilio Carelli. Sono due nomi spendibili per contendere un po’ dell’interesse di area, nel centrodestra. Carelli è da sempre legato a Gianni Letta e a Fedele Confalonieri, gli uomini più fidati di Berlusconi. Paragone, invece, impegnato a pubblicizzare il suo libro Gang Bank, può catalizzare la rabbia dei risparmiatori, soprattutto nel Veneto delle banche fallite, e raccontare la sua delusione da ex leghista (e, all’occorrenza, lavorare come pontiere per future, ipotetiche convergenze con il Carroccio).

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