È morto all’ospedale di Parma Stefano Ganci, uno dei fedelissimi di Totò Riina, che stava scontando l’ergastolo nel carcere della città emiliana, ma non in regime di 41 bis. Il decesso è avvenuto negli ultimi giorni del 2017 dopo una degenza di alcuni giorni a causa di una crisi cardiaca sopraggiunta come complicanza di una grave patologia di cui l’uomo soffriva da tempo.

Secondo indiscrezioni la Procura di Parma avrebbe disposto, come da prassi, l’autopsia. La salma lascerà la città emiliana per la Sicilia nei prossimi giorni.

Fece parte del commando che uccise Borsellino

Ganci era un superkiller di Cosa Nostra e stava scontando l’ergastolo per avere partecipato a diversi omicidi fra cui quello del consigliere istruttore Rocco Chinnici e del vicequestore Ninni Cassarà. Era stato anche condannato a 26 anni per aver fatto parte del commando autore della strage dove morì Paolo Borsellino.

Il collaboratore di giustizia Antonino Galliano raccontò, durante un interrogatorio davanti al giudice Nino Di Matteo che Stefano Ganci – pochi minuti prima dell’attentato al giudice Borsellino, in via D’Amelio – aveva detto “senti il botto” annunciando quello che sarebbe accaduto di lì a poco, cosa che sapeva perché era parte del gruppo che pedinò Borsellino la mattina del 19 luglio 1992.

Suo padre, Raffaele Ganci, 86 anni, è anche lui all’ergastolo per diversi omicidi tra cui quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa: capo del mandamento Noce, era nella “Commissione provinciale” di Cosa Nostra che ordinò gli assassinii di Falcone e Borsellino. Tra l’altro la famiglia Ganci gestiva una macelleria in Via Lo Jacono, a Palermo, a pochi passi dalle dimore di Chinnici e Falcone, di cui potevano seguire i movimenti. L’altro figlio di Raffaele, Calogero Ganci, anche lui killer di Cosa Nostra, si è pentito nel 1996, collaborando con la giustizia.

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