La Cina è una sintesi perfetta. Consente a Marcello Lippi di continuare a insegnare calcio, di cavalcare un entusiasmo senza tempo, però gli permette anche, finalmente, di ritagliare più spazio per sé e per la famiglia. Dopo i successi con il Guangzhou Evergrande - tre campionati e una Afc Superleague -, ha scelto di non allenare più club: la Nazionale ha ritmi meno serrati e obiettivi di crescita intriganti, difatti l’ex ct azzurro, oggi sulla panchina dei Dragoni, è pronto a sottoscrivere il prolungamento triennale che la Federazione di Pechino gli ha appena proposto. In questi giorni, Lippi è in Italia. Ascolta il mare d’inverno nella sua Viareggio, però ha fatto un salto anche a Torino: l’hanno ritratto al J Museum, accanto al suo ologramma, tra cimeli e coppe che raccontano anche la sua storia. Segue sempre la squadra bianconera, come tutta la Serie A, intreccia la competenza distaccata dell’uomo di calcio con i sentimenti di chi sfoglia ricordi bellissimi.

Marcello Lippi, che campionato è?

«Un po’ diverso dagli altri anni, più combattuto. Quest’anno c’è una squadra, il Napoli, che ha le potenzialità per contrastare la Juventus. Che ha la voglia e il desiderio di fermarla dopo sei scudetti di fila».

Da come parla, ritiene sia ormai delineato un duello...

«Non escludo che possa rientrare l’Inter: era partita benissimo e poi ha rallentato bruscamente, un nuovo filotto di vittorie può rilanciarne le ambizioni. Però...».

Però?

«Spalletti, con ironia, ha evidenziato una lacuna: “Anche la mia mamma sa che mi manca un centrale”. In effetti, nel ruolo ha dovuto inventare. Ecco, credo che una risalita possa essere legata al perfezionamento della rosa, a un equilibrio che può essere raggiunto con l’innesto di pedine giuste. Sì, l’Inter può risalire. Per la Roma mi sembra più difficile. In ogni caso, al momento, vedo un duello tra Napoli e Juventus».

C’è chi sostiene che di ritocchi abbia bisogno anche il Napoli, non per completare l’organico ma per poter applicare un maggiore turnover. Spesso, giocano gli stessi uomini...

«Non mi permetto di giudicare, le rose si costruiscono in base alle convinzioni, ai programmi, alle idee. Sull’opportunità delle rotazioni, ognuno ha un suo credo. E comunque il Napoli ha avuto anche sfortuna: pensate al doppio infortunio di Milik».

La Juventus, in avvio di campionato, sembrava distratta, vulnerabile, poi ha ritrovato grinta e solidità. Un po’ il suo marchio...

«Nel ’94/95, dopo nove anni di digiuno, tornammo a vincere accompagnando alle qualità tecniche il carattere, la mentalità, la rabbia, il desiderio, l’unità d’intenti, la compattezza psicologica e morale. Ma non sono caratteristiche mie: sono caratteristiche della Juventus».

Si aspettava il Milan così attardato in classifica?

«Sinceramente no. Ma sono fiducioso per il girone di ritorno. Rino sta riuscendo, con fatica, a ricaricare l’ambiente, a trasmettere la sua determinazione. In più intravvedo una buona impronta tecnico-tattica».

Gattuso è stato campione del mondo con la sua Italia: l’ennesimo allievo che ne segue le orme...

«Sono una quarantina, ormai. Alcuni, come Deschamps, Conte o Zidane, allenano a grandissimi livelli. La prima cosa che mi viene in mente (sorride) è che sto invecchiando. Non so se sia una coincidenza, ma è bello pensare di aver lasciato una traccia».

Ha seguito il caso Dybala? Che idea si è fatto?

«Non c’è alcun caso. È arrivato da Palermo con una valutazione importante, ma non esageratissima, poi ha cominciato a far bene e sono arrivati i paragoni con grandissimi giocatori. Messi in particolare, anche per via della nazionalità. Ci sta che un ragazzo possa perdere la dimensione reale, però società e allenatore lo stanno aiutando. L’ambiente è perfetto per ritrovarsi».

Lei ha sollevato l’ultima Champions bianconera. Può essere l’anno giusto per rivincerla?

«È dura, perché ci sono squadre fortissime che danno il meglio di loro stesse: il Barcellona, il Real nonostante le difficoltà nella Liga, il City, il Bayern Monaco. C’è anche la Juve, però: ormai fa parte stabilmente dei top club d’Europa e questo è il più grande traguardo raggiunto. Non posso dire se è l’anno buono, ma quando fai parte di questo gruppo ogni anno può esserlo».

Per la Nazionale è l’anno zero...

«Guardiamo ad ampio raggio i risultati azzurri: in quasi novant’anni abbiamo vinto quattro volte il Mondiale e due volte sole siamo rimasti fuori dalla fase finale. L’esclusione dalla Russia è fresca e ci fa rosicare, ma il rendimento complessivo dà fiducia. Dobbiamo ripartire, guardare avanti: è nei momenti negativi che l’essere umano ricostruisce».

La sua Cina ha mancato d’un soffio la qualificazione, peccato non sia arrivato prima...

«Il passaggio di turno era già compromesso, eppure abbiamo mancato lo spareggio per un punto: una sola sconfitta, in Iran, davanti a centomila spettatori, e tante vittorie importanti. In un recente torneo con Corea del Sud e Giappone abbiamo inoltre fatto benissimo benché abbia schierato sei Under 23: i giovani bravi ci sono e l’entusiasmo cresce, si può fare un percorso importante e sono orientato a portare avanti questo progetto».

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