«Il giorno che avremo una prova contro il vescovo Barros, parlerò. Non c’è una sola prova d’accusa. Le altre sono tutte calunnie, chiaro?». Incalzato da alcuni giornalisti cileni, Papa Francesco ha chiarito con queste poche ma significative parole la sua posizione sulla questione del vescovo Juan Barros, posto dallo stesso Pontefice nel 2015 alla guida della diocesi di Osorno. 

Una nomina da allora fortemente contestata per la vicinanza di Barros con padre Fernando Karadima, responsabile della parrocchia El Bosque di Santiago, figura carismatica del clero cileno di cui si scoprirono in seguito numerosi abusi a danni di minori per i quali fu condannato dalla Chiesa ad una vita di orazione e penitenza. Secondo gli accusatori, il vescovo Barros, “figlioccio spirituale” di Karadima, sarebbe stato a conoscenza di tutti gli abusi del suo mentore ma non avrebbe agito, anzi ne sarebbe stato «complice» come dicono le persone ad Osorno.

Le quali, in questi giorni della visita del Papa in Cile, si sono radunate in massa - approfittando anche della grande visibilità della visita papale - per dare vita a manifestazioni di strada con cartelloni che mostravano immagini di Karadima (oggi 87enne e ricoverato in ospedale) nell'atto di benedire Barros. Accanto scritte del tipo: «Osorno sufre. Obispo Barros encubridor (Osorono soffre. Il vescovo Barros insabbiatore)» oppure «Obispo encubridor, no puede ser pastor (Vescovo insabbiatore, non può essere pastore)».

 

Il primo giorno di viaggio di Francesco, dopo l’appuntamento al Palazzo della Moneda, il presidente della Camera dei Deputati cilena, Fidel Espinoza, ha fatto pervenire al Pontefice tramite il cardinale Parolin una lettera della comunità cattolica di Osorno in cui veniva richiesta - ancora una volta - la rimozione del presule.

Intanto lo stesso Juan Barros - che ha sempre negato le accuse - poco prima che le parole di Francesco facessero il giro del mondo, ha riferito alla stampa che il Papa era stato «molto affettuoso» con lui e, incontrandolo, gli ha detto «parole di sostegno». Il presule cileno ha partecipato alla messa celebrata dal Papa nel parco O’Higgins di Santiago, sedendosi nella tribuna d’onore riservata ai vescovi, e il giorno dopo a quella all’aerodromo di Maquehue, davanti alle rappresentanze delle popolazioni indigene. E anche oggi ha concelebrato la messa nel campus Lobito di Iquique. 

Gesti che, secondo i suoi accusatori, sono da considerare come «una chiara provocazione».

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