Padre e parroco, amico e guida. Martire, della mafia che ha sempre contrastato apertamente vivendo e facendo vivere il Vangelo. Poi Beato. Don Pino Puglisi potrebbe essere definito in tanti modi; lui avrebbe preferito essere considerato «un prete, semplicemente prete», come amava ripetere. Il sacerdote nato nella borgata di Brancaccio e freddato il 15 settembre 1993 con due colpi alla nuca in un marciapiede di Palermo dai sicari di Cosa nostra nel giorno in cui compieva 56 anni, rimane una icona per la Chiesa in Sicilia e in Italia. E il Vaticano, a 25 anni da quella fine cruenta, ha deciso di rendergli omaggio con l’emissione di un nuovo francobollo dell’Ufficio Filatelico e Numismatico.

Lo annuncia un comunicato vaticano spiegando che le prossime emissioni filateliche del 6 febbraio 2018 saranno dedicate alla Pasqua e, appunto, al 25esimo anniversario della morte di Puglisi. Il bozzetto è creato dall’artista Marco Ventura, stampato dalla maltese Printex e presentato su un minifoglio da 6 francobolli (dimensioni 130x110 mm) sul cui sfondo è rappresentata la Chiesa di San Gaetano a Brancaccio di cui il beato era parroco e in primo piano la dicitura: «La sera del 15 settembre 1993 don Pino Puglisi è assassinato a Palermo dalla mafia».

Il francobollo dedicato a padre Puglisi 

Nel francobollo - del valore facciale di 1 euro (tiratura massima di 360mila serie complete) - è raffigurato invece il volto di don Pino circondato da diverse persone: donne, uomini, anziani, bambini. Ci sono un carabiniere e una suora, una studentessa e un impiegato in giacca e cravatta, una bimba alla sua prima Comunione e un operaio, un padre con il figlio.

Poi tanti altri in rappresentanza delle variegate categorie sociali della “sua” Palermo alle quali Puglisi ha cercato di stare accanto senza distinzione: con una parola di conforto, una telefonata o una visita a casa, con le sue omelie e le confessioni o le attività del Centro “Padre Nostro”. Quell’opera che infastidì tanto i capi dei capi da decidere di farlo fuori dal momento che era diventato «una spina nel fianco», come confessò in seguito Salvatore Grigoli, uno dei suoi killer.

Lo era Pino Puglisi, «una spina nel fianco», soprattutto per il suo impegno sociale e pastorale a favore dei giovani che lo chiamavano affettuosamente “3P” , padre Pino Puglisi, benché il “padre” non derivasse dall’appartenenza ad un ordine religioso ma alla paternità che mostrava verso chiunque. Giovani, bambini e adolescenti, che il sacerdote strappava dalle seduzioni della malavita, dai “lavoretti” di strada come corrieri della droga e dai guadagni facili, proponendogli un’alternativa di vita più alta, più bella, più piena, e svuotando così dall’interno le risorse delle cosche.

«È stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto», si legge infatti nella lettera di Papa Francesco riportata nel dépliant che accompagna la nuova emissione. Ovvero il testo letto dal cardinale Salvatore De Giorgi durante la cerimonia di beatificazione del 25 maggio 2013, un grande evento presieduto dall’allora arcivescovo Paolo Romeo al Foro italico, che vide la presenza di oltre centomila persone venute ad acclamare il primo «martire di mafia» della Chiesa italiana.

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