Berlusconi potrebbe rinunciare a partecipare oggi a Porta a Porta per seguire da vicino la compilazione delle liste. Vuole passare le candidature di Forza Italia sotto la lente di ingrandimento per evitare di portare in Parlamento dei «voltagabbana» pronti a tradirlo. Operazione di fatto impossibile, ma il suo vero problema sarà la coalizione nel suo complesso, la tenuta di un’eventuale maggioranza di governo che su temi di fondo come l’Europa è divisa. Il Cavaliere nella sua due giorni a Bruxelles ha assicurato tutti i suoi interlocutori, a cominciare dal presidente della commissione Juncker, che nulla di catastrofico succederà in Italia: ha garantito che terrà a bada Salvini perché a conti fatti è lui che comanda nel centrodestra.

E se qualcuno pensa di mettere in difficoltà i rapporti con le istituzioni europei, con una finanza allegra e il superamento del limite del 3% di deficit, se lo può scordare. «Sarò io a decidere chi sarà il premier e il ministro dell’Economia - ha promesso - perché Forza Italia sarà il primo partito: arriveremo almeno al 22% mentre la Lega potrà fare al massimo il 14-15%». Non ha indicato il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che stava alla cena con il vertice del Ppe, per non metterlo in imbarazzo.

Per tutta risposta Salvini ieri mattina si è presentato nella sala delle conferenze stampa di Montecitorio con due campioni anti-euro, gli economisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Il primo verrà candidato nel collegio di Siena per sfidare proprio Padoan, il ministro dell’Economia del governo Gentiloni che a Bruxelles è considerato il maggiore garante dei conti pubblici italiani. Il secondo è l’autore del libro «Il tramonto dell’euro». «Un libro - ha spiegato il leader leghista - che mi ha aperto un mondo. È un docente universitario conosciuto a livello nazionale e internazionale: è stato il primo a dire che l’euro è un esperimento sbagliato».

Poi Salvini ha sventolato in aria tre dita per dire che del limite del 3% di deficit se ne infischia. «Il numerino 3, se danneggia le imprese e le famiglie italiane, per noi non esiste. Se ci sono regolamenti Ue che danneggiano le famiglie italiane, quei regolamenti per il governo Salvini non esistono: come la Bolkestein, la direttiva Banche. In linea di principio i numerini uno prova a rispettarli, ma se per rispettare questi numerini muori allora non hai il diritto, ma il dovere di rimettere in discussione molte delle regole che governano l’Europa sulle banche, sulla pesca, sull’agricoltura». Per Salvini l’euro era e resta un esperimento sbagliato che ha danneggiato il lavoro e l’economia italiana. L’interpretazione autentica delle parole di Salvini è la seguente: non è Berlusconi a comandare. In più, c’è un programma sottoscritto anche dal Cavaliere che stabilisce un principio: prima viene l’interesse nazionale.

Insomma è battaglia dentro il centrodestra, che continua su altri piani. Quello delle candidature è un rebus che sta mettendo alla prova anche gli sherpa più pazienti. La Lega vuole allargarsi al massimo nelle Regioni del Centro e del Sud. Salvini chiede molti collegi uninominali nel Lazio, in Puglia e in Sicilia. Forza Italia concede un po’ per recuperare spazio in Lombardia e in Veneto dove il Carroccio fa la parte del leone.

Ad Arcore Berlusconi è chiuso con il vertice del partito per non farsi fregare e mettere a punto gli equilibri della coalizione.

Intanto a Roma, nelle sede di Fi a Piazza San Lorenzo in Lucina, sfilano i candidati per sottoscrivere l’accettazione della loro candidatura. Nella lista non c’è Antonio Razzi, mentre è arrivata Ylenia Citino, l’ex tronista diventata militante di Forza Italia e già candidata alle europee del 2015. A sfidare Gentiloni a Roma 1 potrebbe essere il centrista Lorenzo Cesa. Una sfida gentile per evitare che il premier rischi di perdere? Altra cosa sarebbe se a correre fosse la leader di Fdi Giorgia Meloni.

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