«Chi ha avvertito Tiziano Renzi delle intercettazioni a suo carico? A saperlo eravamo in tre: io, un mio maresciallo, e il pm di Napoli, Henry John Woodcock». Lancia accuse pesanti il maggiore ex Noe, Gianpaolo Scafarto, davanti ai giornalisti al termine dell’interrogatorio di garanzia di questo pomeriggio davanti al gip di Roma, Gaspare Sturzo.

L’ex Noe Scafarto è accusato, dalla procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta Consip di rivelazione del segreto istruttorio, depistaggio, e falso per aver «contraffatto» l’informativa conclusiva per danneggiare Tiziano Renzi, papà dell’ex premier Matteo. Scafarto non ci sta a passare come «carnefice» di Renzi e racconta ai giornalisti di non aver mai voluto danneggiare l’ex premier: «chi ha informato Roberto Bargilli, l’autista del camper di Matteo Renzi alle primarie del 2012, che suo padre Tiziano aveva il telefono sotto controllo? Di certo non l’ho fatto io. Quell’informazione era in possesso di tre persone: del sottoscritto, del dottor Woodcock, e di un maresciallo. Non ne parlammo con nessun altro. Chi ha dato quell’informazione? Io aspetto una risposta».

L’idea di Scafarto - di fondo - resta quella spiegata nella famosa informativa: Tiziano Renzi fu avvertito dai Servizi Segreti, ma chi avvertì l’intelligence? Se non è stato Scafarto e la procura di Roma ha archiviato il procedimento a carico di Woodcock è stato l’altro carabiniere ad avvertire il governo?

In ogni caso, ha tenuto a precisare Scafarto: «Io non ho mai avuto nulla contro Tiziano Renzi, anzi, ricordo di aver corretto l’informativa redatta da un mio collaboratore che aveva erroneamente attribuito a Marco Carrai una conversazione riconducibile ad altra persona».

Il maggiore Scafarto, assistito dai suoi avvocati Giovanni Annunziata e Attilio Soriano, ha tuonato anche contro la procuratrice di Modena, Lucia Musti. «Vorrei aggiungere qualcosa sulla dottoressa Musti che ha risposto innanzi al Csm. È un fatto storico: l’ultima volta che ho incontrato la dottoressa Lucia Musti era l’11 luglio del 2016. Le intercettazioni ambientali dall’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, le abbiamo installate il 1 agosto del 2016. E l’intercettazione nella quale si parla di Tiziano Renzi è del 3 agosto. Solo questo voglio dire: l’11 luglio del 2016 Tiziano Renzi non esisteva in questa inchiesta. Dunque è impossibile che io abbia raccontato alla dottoressa di volerlo ’incastrare’»

La storia dell’indagine su Scafarto

Al maggiore ex Noe, Gianpaolo Scafarto il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi contestano il reato di depistaggio, 5 falsi e due rivelazione del segreto d’ufficio: una verso l’Aise (il Servizio Segreto estero), e l’altra verso il giornalista del quotidiano La Verità, Giacomo Amadori. Nel dettaglio i falsi contestati a Scafarto sono invece: l’aver attribuito all’imprenditore Alfredo Romeo una frase che indicava il generale Fabrizio Ferragina, un ex della Finanza considerato vicino ai servizi, come fonte di informazioni confidenziali riferite dall’imprenditore napoletano al suo ex consulente Italo Bocchino: «Mi ha detto che è uno vicino a Matteo Renzi, uno del “Giglio Magico”, e che dalle intercettazioni emerge che il ministro Lotti parla bene di me». Nella telefonata del 27 settembre scorso - intercettata dal Noe - Romeo e Bocchino invece non parlano del generale Ferragina, bensì di De Pasquale, un faccendiere vicino a Romeo. Le altre note contestazioni riguardano, invece, la frase attribuita erroneamente a Romeo su un incontro con Tiziano Renzi, papà dell’ex premier e attuale segretario del Pd Matteo (pronunciata invece dall’ex An Italo Bocchino), e numerosi errori su un presunto e mai provato coinvolgimento dei Servizi Segreti.

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