La giornalista del Tg1 Mariagrazia Mazzola è stata aggredita mentre faceva un servizio sulla mafia di Bari. Quando ha provato a intervistare i familiari di un pregiudicato del quartiere Libertà, Monica Laera, moglie 44enne del boss Lorenzo Caldarola l’avrebbe aggredita schiaffeggiandola sul volto dopo essersi rifiutata di rilasciare l’intervista.

A quanto si apprende, all’interno dell’abitazione dove si trovava la donna che la giornalista voleva intervistare - a poche decine di metri dalla parrocchia del Redentore dove stamani si è tenuto un incontro con Don Ciotti - era allestita una camera ardente. La giornalista è stata portata al pronto soccorso del Policlinico di Bari dove si recato anche il procuratore Giuseppe Volpe.

Ma Laera si difende. Nessuna aggressione, solo la segnalazione dell’«inopportunità di un colloquio o di un’intervista in una situazione familiare così profondamente dolorosa», ha fatto sapere in una nota in suo avvocato, «mentre la salma della nonna che l’aveva allevata era nella sua abitazione vegliata da parenti ed amici».

Il presidente e il direttore generale della Rai, Monica Maggioni e Mario Orfeo, hanno condannano fermamente l’aggressione subita dall’inviata. «Si tratta di un tentativo di intimidazione dell’informazione del servizio pubblico che non può essere tollerato in alcun modo: la libertà di stampa è uno dei cardini di ogni matura democrazia e il lavoro dei giornalisti è fondamentale in questo senso. Alla collega Mazzola vanno i nostri auguri di pronta guarigione e il sostegno di tutta la Rai», affermano il presidente e il dg Rai.

«Quanto accaduto è inaccettabile - ha dichiarato il sindaco di Bari, Antonio Decaro -. Non si può tollerare una violenza di questo tipo nei confronti di una donna e di una professionista impegnata nella ricerca di notizie e approfondimenti. Ancora più se questo accade durante la visita del fondatore di Libera, che apprezzabilmente ha scelto di testimoniare il suo impegno quotidiano contro le mafie, partendo dal quartiere Libertà. Quartiere da tempo ostaggio di organizzazioni criminali che pensano di esercitare un egemonia sul territorio, attraverso anche questi episodi di violenza. Come detto più volta - ha concluso Decaro - noi non voltiamo la testa dall’altra parte, e non permetteremo che il nome della nostra città possa essere affiancato ad episodi di questo tipo. Quel quartiere si chiama Libertà e deve essere liberato dalla criminalità organizzata».

I commenti dei lettori