Affidarsi «alle mediazioni internazionali» anziché alle politiche di potenza nazionali perché le scoperte di giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale portino a una «pace economica» e non a una nuova guerra. Per Tareq Baconi, analista dell’ECFR per il Middle East and North Africa programme, la regione è a un bivio. Se imbocca la strada giusta gli Stati avranno più risorse per lo sviluppo interno, saranno «costretti» a riavvicinarsi e a collaborare, almeno a livello tecnologico, e l’Europa potrà trovare nuove fonti di approvvigionamento che la renderanno meno dipendente dal metano russo. Altrimenti potrebbe essere un disastro. Un primo segnale negativo è arrivato dal blocco da parte della marina militare turca della nave dell’Eni Saipem 12000 che si apprestava a cominciare le prospezioni per il giacimento Calypso di Cipro.

Come possono essere risolte queste tensioni, la competizione fra Stati, alcuni formalmente ancora in guerra, per le nuove risorse?

«La strada maestra sono le mediazioni internazionali. Le prove di forza non portano da nessuna parte. Affidarsi a istituzioni sopra le parti significa arrivare ad accordi, trattati, regolamenti internazionali che alla fine garantiscono tutti. Non bisogna esagerare la ricaduta di uno sviluppo in questo senso ma di sicuro l’Ue ha l’opportunità di agire su più fronti: spingere per maggiori riforme in Egitto, mediare nella disputa sui confini marittimi fra Libano e Israele, far ripartire i colloqui fra Turchia e Cipro, dare l’opportunità ai palestinesi di avere accesso a proprie risorse naturali».

Le tensioni fra Turchia e Cipro sono però di nuovo ai massimi. C’entra anche la competizione fra diversi progetti di gasdotti, verso la costa turca o verso quella greca?

«Queste tensioni vanno viste in un contesto più ampio. Il progetto di un gasdotto che parta dai giacimenti israeliani, in particolare il Leviathan, e arrivi in Turchia incontra fortissimi ostacoli. C’è la disputa fra Turchia e Cipro e c’è quella sul confine marittimo fra Israele e Libano. Nel 2010, quando sono cominciate le scoperte nel Mediterraneo orientale, le aspettative per l’esportazione di gas erano altissime, forse sopravvalutate. Il Leviathan, scoperto cinque anni fa, non è ancora entrato in produzione. Lo Zohr, in Egitto, andrà invece ad alimentare il mercato interno. Aphrodite, poco distante nelle acque cipriote, ha subìto per ora la stessa sorte di Leviathan. Soltanto nuove scoperte vicino alla costa di Cipro, come il giacimento Calypso da parte dell’Eni, potranno far cambiare le cose. Ma insisto, la nostra raccomandazione è per una mediazione internazionale, a livello Ue o dell’Onu. Un primo esempio potrebbe essere proprio per la disputa sulle acque territoriali fra Israele e Libano».

Che impatto prevede per il mercato globale, l’Europa ne potrà trarre vantaggio?

«In prospettiva globale, le riserve nel Mediterraneo orientale sono modeste. È possibile che tutte le scoperte in questa area finiscano per alimentare i mercati interni, in forte crescita, come è successo in Israele e succederà in Egitto. Anche la Giordania e i Territori palestinesi sono possibili sbocchi. Per quanto riguarda la sicurezza energetica, l’Europa si trova in questo momento in una posizione migliore di quel che sembra. Ha molte opzioni disponibili per diversificare le sue fonti. Può puntare sulle energie rinnovabili all’interno e ridurre la dipendenza da combustibili fossili, ha davanti a sé un mercato del gas metano liquido (Lng) in rapida espansione».

Ma il trasporto del gas liquido non costa di più rispetto a quello con i tradizionali gasdotti?

«Dipende dalla provenienza. Il gas liquido (Lng) proveniente dal Qatar ha un prezzo minore di quello che proviene dall’America, che si sta affacciando ora sul mercato. Prevediamo che il Qatar avrà un ruolo molto importante con il suo Lng nel futuro».

Resta la forte dipendenza dell’Ue dalle importazioni da zone ad alta conflittualità, la Russia, il Golfo.

«In realtà né la Guerra Fredda né il recente conflitto in Ucraina hanno interferito nelle importazioni dalla Russia. Anche lo scontro all’interno dei Paesi del Golfo, con l’isolamento del Qatar, non ha avuto conseguenze sul traffico delle navi gasiere».

Tareq Baconi è analista dello European council on foreign relations per il Middle East and North Africa programme

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