L’arsenale della ’ndrangheta biellese era nascosto nel basamento di un grande tavolo da salotto nell’abitazione di una donna di Porlezza, in provincia di Como, che non ne sapeva nulla. La signora, che aveva affittato l’alloggio prima occupato da alcuni componenti della famiglia Raso, da tempo al centro dell’attenzione delle forze dell’ordine e dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino, pranzava tranquillamente sopra tre panetti di tritolo con inneschi e tre fucili mitragliatori, una pistola e 300 proiettili, tutte armi da guerra provenienti dall’esercito croato.

La notizia è stata resa pubblica poche ora fa dal commissario capo della Squadra Mobile di Biella, Marika Viscovo. «La presenza degli inneschi - ha commentato il commissario - poteva rappresentare un grave pericolo di esplosione». Secondo gli inquirenti, le armi sarebbero state abbandonate al momento di lasciare l’alloggio, con l’intenzione di riaffittarlo. Cosa che non è mai avvenuta perchè nel frattempo erano già scattate le manette. L’inchiesta sarebbe partita dalle dichiarazioni di un pentito, nell’ambito di un’altra indagine che aveva già portato alla condanna di gran parte della famiglia Raso con l’accusa di aver gestito la «locale» della cosca di Santhià. Allo stato attuale ancora sotto processo Antonio Raso, accusato di essere il capo della famiglia.

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