Otto ore di requisitoria alternata tra il Procuratore Generale Francesco Saluzzo e il pm Monica Abbatecola. Per chiedere – in definitiva – condanne a 63 anni di carcere a carico di sette presunti affiliati alla ‘ndrangheta. E’ l’ultimo stralcio di Minotauro, maxi processo che ha messo in ginocchio la ‘ndrangheta calabrese a Torino. La procura ha chiesto la condanna a 14 anni per Domenico Agresta (difeso dai legali Luca Maio e Michela Malerba), 30 anni, accusato dal cugino, pentito, di essere «un padrino» dell’organizzazione.

La procura è convinta di aver individuato con precisione anche il giorno in cui avrebbe ricevuto la dote di «santa». «È avvenuto il 10 marzo 2008» ha spiegato Abbatecola. Il procuratore Saluzzo ha sigillato un passaggio sulla ritrattazione del pentito Rocco Marando: non è degna di chiamarsi tale, ha spiegato alla Corte.

Quindici anni è la richiesta per Rosario Marando, fratello del defunto boss Pasquale. Per l’accusa è affiliato al locale di Volpiano. I magistrati hanno chiesto la condanna a 12 anni per Salvatore «Giorgio» Demasi, il presunto capo del locale di Rivoli, uomo di grandi contatti col mondo della politica torinese interpellato finanche per le elezioni primarie Pd del 2010.

Chi lo contattò – onorevoli e consiglieri regionali - ha escluso di conoscere il suo rango criminale: Demasi - difeso dall’avvocato Ercole Cappuccio - è genero di uno dei più importanti boss della ‘ndrangheta di San Luca. L’accusa ha chiesto 12 anni per Domenico Portolesi, 3 anni e 6 mesi per Valerio Ierardi (accusato di estorsione aggravata dal metodo mafioso), 1 anno e 6 mesi per Marco Zingarelli, due anni e sei mesi per Antonino Battaglia (difeso dall’avvocato Franco Papotti) e Giovanni Macrì accusati di reato elettorale semplice.

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