Nelle prime ore di oggi, sabato 24 febbraio, i carabinieri del Ros hanno arrestato tre cittadini tunisini, tutti accusati di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. Sono Nafaa Afli, 27 anni, Bilel Mejri, di 26, e Marwen Ben Saad, 31 anni. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Tribunale del Riesame di Torino. Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli elementi raccolti nell’ambito delle attività condotte dal Ros nell’ambito di una indagine denominata «Taliban» e coordinata dalla procura della Repubblica torinese, nel contesto delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti «foreign fighters e «lone wolves». I tre erano già stati ristretti in custodia cautelare, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari nelle province di Pisa e Varese, per traffico di sostanze stupefacenti, grazie alle acquisizioni relative al traffico di droga nell’ambito di questa stessa indagine.

LA STORIA

Nell’autunno 2015 era stato individuato un gruppo di cittadini tunisini, giunti a Torino richiedendo un permesso di soggiorno per motivi di studio, iscrivendosi presso l’Università e rilasciando attestazioni false pur di ottenere titolo sia all’iscrizione, sia alla relativa borsa di studio. Gli stessi, regolarmente iscritti e fruitori di borsa di studio che azzerava la contribuzione universitaria, se da una parte non avevano mai frequentato le lezioni o sostenuto esami, dall’altra erano dotati di profili Facebook i cui contenuti ne avevano fatto sospettare sin dall’inizio la vicinanza ad ambienti caratterizzati da ideologia dei gruppi terroristici di matrice islamista. Anzi, nel caso di Afli e Wael Labidi, tali contenuti erano chiaramente inneggianti allo Stato Islamico.

LE INDAGINI

Successivamente alla fittizia iscrizione presso l’ateneo piemontese, gli indagati avevano iniziato a spostarsi tra Torino e Pisa, insediandosi definitivamente in quest’ultima città per gestire un’intensa attività criminale di traffico di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’indagine, sviluppata anche grazie alle intercettazioni telefoniche e telematiche, oltre che con servizi di osservazione e pedinamento, è emersa l’esistenza di un gruppo criminale, composto dai tunisini indagati, che era riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, specie tra le fasce dei più giovani, manifestando un celato ma spiccato sentimento anti occidentale e la condivisione dei più violenti propositi dell’Islam radicale, nonché condividendo su internet materiale di propaganda jihadista.

I PERICOLI

La pericolosità sociale degli indagati è emersa sia dalle loro frequentazioni, sia dall’asserita partecipazione ad un comizio di Ansar Al-Shari’a - organizzazione terroristica di origine egiziana, aderente allo IS e presente nell’area del Sinai - a Tunisi, tenuto dal leader Abu Ayad (leader dei salafiti della Tunisia, sospettato di essere la mente degli attentati al museo del Bardo ed a Sousse, ucciso il 14 giugno 2015 dai bombardamenti dell’aeronautica statunitense), sia dall’ammirazione e dal sostegno espressi tramite i social network nei confronti di militanti morti nei teatri di guerra per la causa jihadista.

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