La mattina del 28 febbraio 2018, dopo la giornata di neve del giorno prima, che ha creato qualche difficoltà al traffico della città di Roma, Papa Francesco ai numerosi pellegrini raccolti sia in Aula Paolo VI che nella Basilica Vaticana, ha continuato la catechesi sulle varie parti della celebrazione eucaristica. Conclusa la parte della liturgia della Parola con il Credo e la preghiera universale, il Papa spiega la prima parte della Liturgia eucaristica, cioè la «presentazione dei doni» all’altare da parte dei fedeli. 

 

Papa Francesco sottolinea che l’Eucarestia è la ripresentazione del sacrificio della Nuova Alleanza sigillata da Cristo Gesù sull’altare della Croce (Concilio Vaticano II, cost. lit. Sacrosanctum Concilium n.47). Il Papa si sofferma a considerare il Calvario, richiamando che quella Croce su cui Gesù Cristo fu appeso è stato «il primo altare cristiano … e quando noi ci avviciniamo all’altare per celebrare la Messa, la nostra memoria va all’altare della Croce, dove è stato consumato il grande sacrificio. Il sacerdote, che nella Messa rappresenta Cristo, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli nell’Ultima Cena: prese il pane e il calicerese grazieli diede ai discepoli, dicendo: “Prendete, mangiate … bevete: questo è il mio corpo … questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di me”». 

 

Con questa consapevolezza la Comunità cristiana deve vivere l’Eucarestia e saper leggere i segni che la liturgia offre. Giustamente Papa Francesco coglie lo spirito e l’intento della riforma liturgica del Concilio e le note di Paolo VI nei “Principi e norme del Messale romano 1969” al capitolo II dove si sottolinea l’importanza che siano i fedeli a presentare il pane ed il vino e «il sacerdote, o il diacono, in luogo opportuno e adatto, li riceve... Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito di presentare questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale. Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica. Il canto all’offertorio accompagna la processione con la quale si portano i doni... Si può fare l’incensazione dei doni posti sull’altare stesso, per significare che l’offerta della Chiesa e la sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio» (n. 49 ss).

 

L’offrire da parte dei fedeli il pane ed il vino, preparati per la celebrazione eucaristica, che diverranno, transustanziati, il Corpo e il Sangue di Cristo, Agnello della Nuova Alleanza, immolato per la salvezza del mondo, è segno di quanto i credenti hanno operato con il loro lavoro, la loro gioia, le loro fatiche e le loro sofferenze nell’impegno quotidiano e desiderano presentarle al Padre, attraverso l’unico Mediatore accreditato presso di Lui, il Cristo suo Figlio e nostro Redentore, affinché il Padre, in virtù dei meriti di Cristo, possa purificare nel sangue della vittima del Calvario, l’operato dei fedeli e gradire il loro impegno di discepoli di Cristo nella realtà del mondo.

 

Quell’offerta è anche una supplica al Padre perché doni a loro Cristo, pane di vita, quale cibo per il cammino della testimonianza quotidiana. Le offerte sono poste sulla mensa dell’altare che è segno di Cristo, il quale mediante il ministro ordinato presenta al Padre «il frutto della terra e del lavoro dell’uomo», affinché riceva giusta lode dall’umanità redenta.

 

«Certo - dice Papa Francesco - è poca cosa la nostra offerta, ma Cristo ha bisogno di questo poco. Ci chiede poco, il Signore, e ci dà tanto». Il Padre chiede ai suoi figli di offrire gioie e dolori, fatiche e speranze della nostra quotidianità e ci dona in cambio il suo Divin Figlio, quale sicura «via, verità e vita» per chi cerca salvezza.

 

Quell’offerta presentata dai fedeli è – dice Papa Francesco – la spiritualità del dono di sé a Dio che ci chiede di alzarci e andare alla casa del Padre, dove Egli, nel Figlio Unigenito, ci riconosce suoi figli amati ed attesi. Colui che presiede la celebrazione eucaristica, dopo aver presentato le offerte, perché, mediante le parole di Cristo e il dono dello Spirito, si convertano nel Corpo e nel Sangue di Cristo, chiede all’assemblea di pregare perché il suo sacrificio e quello di ciascun fedele «sia gradito a Dio Padre onnipotente». Il popolo risponde consapevole: «Il Signore riceva dalla tue mani questo sacrificio per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa».

 

È un richiamo questo a imitare l’oblatività di Cristo Gesù che ha accolto la volontà del Padre e ha dato a questa l’assoluta priorità sino alla Croce. Anche il cristiano deve saper offrirsi «in sacrificio», ricercando costantemente la volontà di Dio. Per realizzare ciò non è sufficiente l’umana volontà, ma è richiesta l’azione della grazia che lo stesso sacramento può offrire se lo si celebra con la consapevolezza e la dignità interiore che questo richiede. L’orazione sulle offerte, che il ministro ordinato recita a nome dell’assemblea, è un chiedere al Padre che guardi benevolo il lavoro, la gioia e la fatica del suo Popolo che si affida al sacrificio di Cristo per essere gradito a Lui.

 

 

* Vicario episcopale per il laicato e la cultura della Diocesi di Trieste

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