C’è «don Pietro», il segretario di Stato Parolin, uomo discreto e di preghiera nonostante il ruolo apicale. E Sturla che si preoccupa del pane che manca a tavola. Poi c’è Tobin, ex giocatore di hockey che la mattina presto va a fare pesi in palestra, Bassetti, il «nonno arzillo», e Furtado che conserva l’attenzione verso i suoi parroci ai quali ricorda anche che la giacca indossata è troppo larga. 

Aneddoti e sfumature di umanità di coloro che Papa Bergoglio ha scelto come membri del Collegio cardinalizio che emergono dalle parole che gli stessi porporati hanno confidato al giovane vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona nel libro “Tutti gli uomini di Francesco” (edizioni San Paolo), che raccoglie le interviste ai “nuovi” cardinali nominati durante i cinque anni sul Soglio petrino.

«Un libro splendido, un vero servizio al Santo Padre», ha esclamato il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, durante la presentazione del volume di cui firma la prefazione, avvenuta ieri alla Radio Vaticana. Insieme a lui il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, l’autore Ragona e lo storico volto del Tg5, la giornalista Cesara Buonamici.

Maradiaga, che la porpora l’ha ricevuta molto tempo prima per volontà di Giovanni Paolo II – il 21 febbraio 2001, nello stesso Concistoro in cui fu consegnata anche a Jorge Mario Bergoglio, come ci tiene a ricordare - fa parte pure di quel gruppo di “uomini” strettamente legati a Francesco in qualità di coordinatore del C9. Il gruppo, cioè, di porporati consiglieri che coadiuvano il Pontefice nell’opera di riforma della Curia. 

E proprio di riforma, alla luce dei lavori della sessione di febbraio conclusa nel pomeriggio di ieri, il primo cardinale dell’Honduras ha parlato con i giornalisti, sollecitato dalla Buonamici, spiegando che essa come qualsiasi novità incontra «resistenze interne». Ma «il Papa la porterà certamente a termine, perché non è la riforma del Papa ma dello Spirito Santo», ha assicurato.

Passi avanti, comunque, ne sono già stati fatti: «E sono anche parecchi», ha fatto notare l’arcivescovo, «18-19 riforme già in corso, tanti canoni, tanti Motu propri, l’ultimo sull’età delle dimissioni…». Poi si attende la nuova Costituzione apostolica in sostituzione della Pastor Bonus di Wojtyla: «è solo una parte della riforma, che non è solo una riforma delle strutture, è anzitutto delle persone», ha sottolineato il cardinale. 

L’immagine che inquadra meglio questa «riforma multisettoriale» è quella spesso usata da Francesco del «poligono», ha detto Maradiaga. «Speriamo di non essere il bersaglio di questo poligono», ha replicato con humor monsignor Viganò, fautore di una delle “rivoluzioni” finora più visibili, quella della comunicazione e dei media del Vaticano.

Una «riforma necessaria», ha detto il prelato, viste le esigenze di una società e una cultura segnate dalla «presenza pervasiva del digitale», in cui «i profili identitari dei media non esistono più, non c’è più la televisione, non c’è più la radio, ma un contesto multimediale dove c’è un consumo in mobilità». Era «impensabile», quindi, «continuare a produrre e investire su media che non solo non hanno futuro ma non hanno proprio presente», ha affermato Viganò.

Inoltre, ha aggiunto, è cambiato anche l’atteggiamento del pubblico nei confronti della comunicazione della Chiesa: «il lettore non è più desideroso di leggere il backstage ma ciò che avviene alla ribalta». E si è conclusa quella «stagione della frequentazione malsana tra giornalisti e ambienti ecclesiali». «Rimangono solo alcune frange, ma si tratta di un anfratto cortigiano, comunque marginale». 

A tal proposito Maradiaga, oggetto di recente di una inchiesta che lo accusava di scandali finanziari in Honduras, ha avuto qualcosa da dire: «Negli ultimi anni, siamo stati abituati alla proliferazione di pubblicazioni che puntano ad una critica distruttiva della Chiesa come istituzione». Si tratta di «pubblicazioni su riviste e libri che spesso infarcite di fake news, che cercano lo scandalo a tutti i costi e il pettegolezzo per mera logica di denaro che non può avere alcuna giustificazione». Il problema è che queste notizie, ha osservato il porporato, sono «spesso virali e difficilmente arginabili, per la loro presa sulla bramosia insaziabile che spesso si accende nell’animo umano», come già affermava Francesco nel Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali 2018

Al di là della differenza tra media tradizionali e media digitali, «si tratta in ogni caso di disinformazione, che diventa strumento di un’opera denigratoria nei confronti del bersaglio preso di mira», ha evidenziato il cardinale. Essa, ha insistito, «ha radici nella sete di potere, avere e godere che ci rende vittime dell’imbroglio del male, e che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore». 

Fortunatamente a questo si contrappone «il giornalismo di pace», un «giornalismo costruttivo» che rappresenta «l’altra faccia della medaglia», ha chiosato il coordinatore del C9. Un esempio è il libro di Fabio Marchese Ragona «che spiega e racconta come Papa Francesco abbia voluto chiamare accanto a sé uomini umili, provenienti spesso dai sobborghi del mondo, che non cercano la mondanità o le cordate per cercare il potere, ma sono animati dalla volontà di servire la Chiesa, nonostante le resistenze e il tentativo di fermare l’opera di pulizia e di rinnovamento che Francesco sta mettendo in atto». 

Il volume è quindi «un buon servizio al Papa e alla Chiesa». Lo stesso Bergoglio, ricevendolo ieri mattina dalle mani degli editori - dopo aver scherzato con l’autore che, emozionato, indicava la copertina dicendo: «Questi sono i cardinali». «Si lo so!», ha risposto il Papa - ha ringraziato dicendo: «Veramente un bel lavoro». 

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