Il Papa «ha espresso il desiderio di essere personalmente coinvolto» nel 70esimo anniversario del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), fondato ad Amsterdam nel 1948, per dimostrare il desiderio di «continuare a rafforzare le relazioni ecumeniche e rispondere insieme alle sfide del mondo». Per questo Francesco si recherà a Ginevra il prossimo 21 giugno con un viaggio di un giorno il cui motto sarà «camminare, pregare e lavorare insieme». A raccontare la genesi e il significato della prossima trasferta europea del Pontefice argentino, notizia filtrata nei giorni scorsi dalla Svizzera, sono stati oggi in sala stampa vaticana il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani, e il segretario generale del Cec, il pastore Olav Fykse Tveit.

«Lo scorso 24 agosto», ha ricordato quest’ultimo, «sono venuto a Roma in compagnia di Agnese Abuom, moderatore del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese, e con il Papa abbiamo parlato in modo molto fraterno delle nostre relazioni. In quell’occasione lo abbiamo invitato e lui si è detto disponibile». Oltre all’incontro ecumenico, Francesco farà una visita di cortesia al Consiglio federale elvetico e celebrerà una messa per i cattolici svizzeri.

Il Papa «ha dimostrato di essere non solo una figura di ispirazione ma una personalità capace di reinquadrare il concetto di Chiesa missionaria, è un leader per tutta la famiglia cristiana nel definire cosa significa avere una missione e una responsabilità cristiana nel mondo di oggi», ha detto il pastore luterano norvegese, che ha poi ricordato come Jorge Mario Bergoglio abbia già stretto fraterni rapporti con molti leader a capo di altre Chiese cristiane, dal patriarca ecumenico Bartolomeo al patriarca russo Kirill incontrato a Cuba, dal primate anglicano Justin Welby ai luterani con i quali, l’anno scorso a Lund, in Svezia, ha commemorato i 500 anni della riforma protestante. La «visita storica» in Svizzera, ora, è «segno di quanto siamo andati avanti nei nostri rapporti ecumenici» e «grande incoraggiamento per un pellegrinaggio comune verso l’unità e favore della giustizia e della pace».

Paolo VI si recò nella città del riformatore Calvino nel 1969, Giovanni Paolo II vi si recò nel 1984, quando, scrive il settimanale protestante italiano Riforma, «Wojtyla ricordò con estrema franchezza che per il mondo cattolico le altre non erano chiese, ma comunità ecclesiali, causando non pochi malumori nel mondo riformato».

La Chiesa cattolica non è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese, un organismo che riunisce 349 Chiese protestanti, luterane, anglicane, ortodosse di oltre 110 Paesi che rappresentano oltre mezzo miliardo di cristiani di tutto il mondo, ma partecipa alle riunioni in qualità di osservatrice ed è membro della commissione “Fede e costituzione” e della commissione missionaria. Una situazione che prevedibilmente non cambierà.

Il cardinale Koch ha ricordato al riguardo quanto affermato da Paolo VI quando visitò Ginevra il 10 giugno del 1969: «La Chiesa cattolica deve diventare membro del Consiglio ecumenico? Cosa potremmo noi, in questo momento, rispondere a questo problema? In tutta fraterna franchezza, noi non riteniamo che la questione della partecipazione della Chiesa cattolica al Consiglio ecumenico sia matura a tal punto che le si possa o si debba dare una risposta positiva. La questione rimane ancora nel campo delle ipotesi. Essa comporta gravi implicazioni teologiche e pastorali; esige di conseguenza studi approfonditi, ed impegna in un cammino che l’onestà obbliga a riconoscere che potrebbe essere lungo e difficile. Ma ciò non ci impedisce di assicurarvi che noi guardiamo a voi con grande rispetto e profondo affetto. La volontà che ci anima e il principio che ci dirige saranno sempre la ricerca piena di speranza e di realismo pastorale dell’unità voluta dal Cristo».

Oggi, ha proseguito il porporato svizzero, oltre al fatto che, essendo la Chiesa cattolica numericamente più grande, un suo ingresso provocherebbe «alcuni problemi di numeri»; «come ha ricordato Giovanni Paolo II» una partecipazione a pieno titolo è impossibile in ragione della «missione particolare del vescovo di Roma per l’unità dei cristiani».

La Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese, ha sottolineato Koch, «nonostante alcune diversità di visione», collaborano oggi in molti campi, dalla giustizia alla pace, dai diritti umani alle attività caritatevoli in particolare con migranti e rifugiati, dall’ecologia al dialogo interreligioso. La visita a Ginevra «sarà l’occasione per confermare le relazioni di lungo periodo e la collaborazione ecumenica» sulla scia del Concilio Vaticano II.

Il 70esimo anniversario, ricorda il Notiziario Evangelico (Nev), è stato inaugurato ufficialmente a fine gennaio a Ginevra nell’ambito della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Fra gli appuntamenti in programma per la ricorrenza, la Conferenza mondiale su missione ed evangelizzazione, a marzo ad Arusha in Tanzania; il Comitato centrale di giugno a Ginevra; il Simposio sullo sviluppo sostenibile con Action by Churches Together (ACT) Alliance, in autunno a Uppsala, in Svezia.

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