Le dimissioni - con effetto ritardato - di Matteo Renzi hanno cannibalizzato il dibattito della giornata, mentre i Cinque stelle sembrano via via più disponibili ad aperture nei confronti del Pd: a patto però che si tratti di un Pd senza Renzi al timone. Dunque a patto che i Dem siano disposti allo strappo necessario (a questo punto) per rendere immediate le dimissioni del segretario.

L’ufficialità della posizione dei Cinque stelle è affidata a un comunicato del tardo pomeriggio: «Come ha ribadito il capo politico Luigi Di Maio, il M5S è aperto al dialogo con tutte le forze politiche che saranno presenti in Parlamento. Non c’è alcuna attenzione particolare verso una o l’altra forza. Il nostro programma contiene delle proposte specifiche, che siamo pronti a discutere con tutti».

In serata, da Pomigliano d’Arco, Di Maio sottolinea: «Non siamo una forza territoriale, siamo inevitabilmente proiettati al governo di questo Paese, non come altri che sono forze politiche territoriali che stanno a oltre 15 punti da noi». «Ci sono da eleggere i presidenti delle Camere, noi siamo pronti al dialogo con tutti ma dovete venire a parlare con noi perché senno’ è difficile fare qualcosa in questa legislatura».

L’ipotesi di un governo-governo (in gergo si dice “di legislatura”) si fa via via meno concreta. Nelle stanze dei leader di partito si ragiona sulla possibilità di formare un esecutivo di scopo. Che abbia cioé una data di scadenza precisa e pochi punti da affrontare, primo fra tutti una nuova legge elettorale. Operazione che ha bisogno di stare sotto l’ala protettiva del Quirinale. Mattarella ha dalla sua un’arma efficace: può ventilare l’ipotesi di un ritorno alle urne in autunno (ad ottobre), sapendo che nessun partito desidera una cosa del genere.


Luigi Di Maio e tutti i Cinque stelle guardano insomma alla battaglia nel Pd. Nei confronti del M5S sarà opposizione secca o apertura? Nell’attesa di capirlo, Matteo Salvini va avanti come un treno, strizza un occhio al Pd («siamo aperti alla sinistra che guarda alla Lega») ma sembra granitico quando assicura: vado avanti da solo. Ha campo libero almeno finché Berlusconi sembrerà all’angolo: e per ora l’ex Cavaliere tiene a far sapere al mondo che non si sente in panchina e che resta, dice, per fare «il regista» della coalizione di centrodestra.

Si torna così a Sergio Mattarella. Costretto ad ascoltare le chiacchiere sul “partito del presidente”, che sarebbe radicato all’interno del Pd ma avrebbe sponde solide anche altrove. Il mondo ha bisogno di un’Italia stabile, ed è naturale che i timori e le perplessità internazionali si concentrino sul Quirinale. Le stesse cose deve aver sentito dire Paolo Gentiloni, che ha parlato con Angela Merkel e Emmanuel Macron.

Calenda: il partito va risollevato, mi iscrivo

«Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c’è. Domani mi vado ad iscrivere al Pd». Così il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, ha risposto su Twitter a chi gli chiede di iscriversi a un partito o, meglio, di fondarne un altro. A stretto giro il plauso di Paolo Gentiloni: «Grazie Carlo». E a ruota Maurizio Martina, che del Pd è il numero due: «La scelta giusta, grazie Carlo Calenda». Anna Finocchiaro «è molto bello ed importante che in un momento difficile ci sia chi vuole dare il proprio contributo al Pd, al suo pluralismo e al suo rafforzamento. Benvenuto a Carlo Calenda». Esprime gioia anche il portavoce Richetti: «Preparo il comitato d’accoglienza! Che bella notizia Carlo Calenda! Si riparte alla grande». «Questa mattina Matteo Renzi ha sentito per telefono il Ministro Carlo Calenda congratulandosi per l’adesione al Pd», dice Marco Agnoletti, portovace di Matteo Renzi.

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Chiamparino: “Candidarmi a segretario? Perché no”

«Candidarmi a segretario? Perché no? Io una mano la posso dare» fa sapere Sergio Chiamparino. «Io spero che Renzi voglia gestire questa situazione in maniera collegiale. Magari anche congelando le sue dimissioni. Dobbiamo decidere insieme che posizione prendere. Non ci dobbiamo sottrarre dalle responsabilità ma non dobbiamo neanche andare a togliere le castagne dal fuoco agli altri», aggiunge Chiamparino. «Sono i vincitori che devono fare una proposta. Poi valuteremo», dice ancora. Infine sulle decisioni sul futuro del partito: «Io credo sia giusto far pronunciare la base».

Renzi: “Chi vuole un governo con M5s lo dica in direzione”

«Qualcuno dice che le dimissioni sarebbero una finta, qualcuno che starei per andare in settimana bianca. Le dimissioni sono vere, la notizia falsa». Matteo Renzi dalla sua pagina Facebook tuona contro le polemiche interne e gli attacchi dopo la fine delle elezioni dove ribadisce: «Il PD ha perso, occorre voltare pagina. Per questo lascio la guida del partito».

L’ex premier delinea la posizione del partito che «nei prossimi anni dovrà stare all’opposizione degli estremisti. Cinque Stelle e Destre ci hanno insultato per anni e rappresentano l’opposto dei nostri valori. Sono anti europeisti, anti politici, hanno usato un linguaggio di odio. Ci hanno detto che siamo corrotti, mafiosi, collusi e che abbiamo le mani sporche di sangue per l’immigrazione: non credo che abbiano cambiato idea all’improvviso. Facciano loro il Governo se ci riescono, noi stiamo fuori. Per me il PD deve stare dove l’hanno messo i cittadini: all’opposizione. Se qualcuno del nostro partito la pensa diversamente, lo dica in direzione lunedì prossimo o nei gruppi parlamentari. Senza astio, senza insulti, senza polemiche: chi vuole portare il PD a sostenere le destre o il Cinque Stelle lo dica. Personalmente penso che sarebbe un clamoroso e tragico errore. Ma quei dirigenti che chiedono collegialità hanno i luoghi e gli spazi per discutere democraticamente di tutto».

Poi torna sugli attacchi personali e se la prende con i media: «Mi stupisce che certe cose diventino l’apertura dei siti, emozionino le redazioni, intrighino i giornali. Parlare di me - ancora - è inspiegabile. Sono altri, adesso, a guidare il Paese: occupatevi di loro, amici dell’informazione» e ricorda il futuro prossimo che lo attende: «Io ho già detto cosa farò: il parlamentare semplice, cercando di rappresentare al meglio quei cittadini che mi hanno onorato della loro fiducia e tenendomi in contatto con le tante esperienze belle che vivono nella nostra società. Lo farò con il sorriso e lo farò con la consapevolezza di dover dire solo grazie per questi anni bellissimi: nessuno ci porterà via i risultati straordinari raggiunti. E cercherò di fare del mio meglio per il mio Paese anche dall’opposizione. Basta polemiche, viva l’Italia.E buona giornata a tutti».

La Serracchiani: «Lascio la segreteria»

«Alla luce del risultato delle elezioni, per senso di responsabilità nei confronti di tutta la comunità del partito, ho preso la decisione di dimettermi dalla Segreteria nazionale del Pd». Lo rende noto Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia. «Oggi stesso - ha aggiunto - farò pervenire al segretario nazionale la lettera formale con cui comunico un atto che reputo doveroso e improrogabile».

Serracchiani non è l’unica ad aver scelto la via delle dimissioni per dare un segnale dopo il risultato dell’urna: il segretario del Pd dell’Umbria, Giacomo Leonelli, si è dimesso. Lo ha annunciato stamattina nel corso di una conferenza stampa nella sede del partito di Perugia. «Il segretario regionale - ha detto ai giornalisti - si dimette per dare un segnale ai nostri militanti, ai nostri iscritti e ai simpatizzanti. Penso che per molti di loro, vedere quell’Umbria blu sia un colpo al cuore». «L’altro elemento che mi porta a prendere questa decisioneá- ha aggiunto - è che spero che il venir meno della figura del segretario regionale possa aiutare il partito a fare una valutazione, però franca, senza alibi, senza approcci figli di dinamiche interne e tatticismi, perché un dibattito serve all’Umbria ma non possiamo prenderci in giro sulle cause e sulle situazioni. Abbiamo delle scadenza importanti - ha concluso -á mi riferisco alle amministrative e alle regionali del 2020, e dobbiamo capire come affrontarle».

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