Pochi giorni dopo la sconfitta più netta della storia del Pd, e a una manciata di ore dalla Direzione che ratificherà lunedì le dimissioni di Renzi, il vicesegretario Maurizio Martina si rivolge all’ex leader dem Walter Veltroni. Mentre esplodono tensioni e attriti, il probabile traghettatore delle prossime settimane incontra le varie anime del partito e anche l’ex sindaco di Roma, per avere sostegno e consigli. Un tentativo «di fare quello che Matteo in questi anni non ha mai fatto», sospira un ex renziano: mediare, includere, coinvolgere. I suggerimenti di un padre nobile sono tanto più necessari in questa fase delicata: tra quelli che gli avrebbe dato, quello di prendere in considerazione un appoggio del Pd solo a un eventuale governo del presidente di breve durata e ampio sostegno parlamentare.

Renzi lontano dalle scene

Nella giornata in cui il presidente emerito Napolitano commenta senza stupore il risultato del Pd («un evento annunciato, un destino quasi compiuto») e il capo dello Stato Mattarella richiama le forze politiche al «senso di responsabilità», le discussioni sul posizionamento del Pd nel prossimo Parlamento si intrecciano alla resa dei conti interna. «Renzi non parteciperà alle prossime primarie», assicura il capogruppo uscente Ettore Rosato. L’ex premier, nei giorni scorsi, lo ha ribadito a diversi interlocutori: quando si svolgerà il congresso per individuare il suo successore alla guida del partito, lui non sarà coinvolto. Almeno non personalmente: perché nessuno crede all’ipotesi che non tenti di pesare nel partito con un suo candidato. Ma è ancora presto per dire chi sarà.

Gli attacchi di Lotti

Mentre lui, a Firenze, partecipa ai funerali del capitano della Fiorentina Astori e twitta sulla festa della donna, è il suo fedelissimo Luca Lotti, solitamente silenzioso, a scrivere un post su Facebook per attaccare a tutto campo gli avversari interni. Chiama in causa il ministro Orlando, «ha ragione quando chiede un dibattito nel Pd», per poi distillare veleno: «Almeno così avremo modo di parlare di chi ha perso nel collegio di residenza ma si è salvato col paracadute», sembra alludere a Dario Franceschini, sconfitto nella sua Ferrara ed eletto grazie al listino proporzionale; di «chi non ha proprio voluto correre» e «di chi ha vinto correndo senza paracadute», il riferimento è a se stesso, vincente a Empoli. «Avremo modo di parlare di come è andata in regioni governate dal Pd in cui il risultato è stato inferiore alla media nazionale», si direbbe una frecciata al presidente della Puglia, Michele Emiliano, unica voce dichiaratamente a favore di un esecutivo con il M5S. «Se vogliamo aprire un dibattito interno, facciamolo. Perché sentire pontificare di risultati elettorali persone che non hanno mai vinto un’elezione in vita propria sta diventando imbarazzante». Critiche agli altri per difendere il vertice del Giglio Magico, Matteo Renzi: «Fare finta che tutto sia colpa di uno solo ci farà lavare la coscienza ma non aiuterà il Pd a ripartire».

Le regole del gioco

«Lotti attacca me per mandare un messaggio ai renziani in fuga», commenta il ministro della giustizia con alcuni amici. Convinto che l’idea di un governo coi Cinque stelle sia «una trovata mediatica di Renzi» per discutere di altro e non di «una disfatta storica», ora il leader della minoranza predica la necessità di aprire un «percorso di rifondazione del Partito democratico». Rivedendo l’iter di scelta del segretario: per ora, si limita ad annunciare che «c’è bisogno di regole nuove». L’idea che ha in testa è quella di proporre, forse già nella direzione di lunedì, che il nuovo leader non sia scelto da primarie allargate, ma solo dagli iscritti. Un altro probabile terreno di scontro.

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