Le apparizioni di Gesù risorto ai discepoli possono forse farci intuire qualcosa del Paradiso. Pensiamo al Gesù piagato che appare a Tommaso. Certo è un’apparizione a persone specifiche. Magari però possiamo ricavarne che in cielo vivremo una felicità ed una pace piene, ma ciò non vuol dire che non avvertiremo il dolore per le persone che hanno definitivamente rifiutato Dio, come per esempio i diavoli. Le creature personali create da Dio sono eterne, non possono cessare di esistere. Ci si può forse casomai domandare come potrà, alla fine dei tempi, risuscitare la carne di un uomo definitivamente chiuso alla misericordia di Dio, dunque chiuso allo Spirito vivificante. Ma in questo forse per esempio misericordia, comunione, giungono in qualche modo anche a tali persone (cfr Gv 5, 28-29).

Dio soffre per noi, con noi, desidera darci il suo amore ed ogni bene. Certe visioni moraliste non solo trasmettono un Dio che pensa solo ad una nostra anima disincarnata, astratta, ma persino possono svalutare tanti doni umani, materiali, che sono anch’essi doni del cielo. Come sentire Dio vicino così? Pensiamo al bambino a cui viene detto - mi pare talora esagerando - che il giorno della comunione non deve pensare ai regali. Ma non è Gesù stesso contento di festeggiare anche così con la sua creaturina? Perché i discepoli dei farisei e di Giovanni digiunano ed i tuoi (di Gesù) no? Non possono, risponde Cristo, quando lo sposo è con loro. Ma il Vangelo può venire dimenticato e si ritorna ancora una volta ai rigorismi meccanicistici.

Per accogliere queste astratte dottrine può non esservi necessità di un cuore vivo. Non di rado intellettualismi, moralismi, si sposano con vite ingessate, prudenti anche per nulla. Si può giungere a santificare l’egoismo, il “salvarsi la pelle”, chiamando tutto ciò saggezza, ponderatezza, realismo. Qui vi è un profondo possibile nucleo originante di tante lentezze nel rinnovamento, nel dialogo, nell’accoglienza. Tutte cose, come dicevo, anche le ultime qui citate, che si sposano tra loro.

In questo momento di passaggio così profondamente stimolato da Papa Francesco può accadere vi siano guide, potenti vari, che approvano i nuovi orientamenti in mille modi però potendo rivelare nel loro stesso esprimersi, vecchie strutturazioni, risicatezze di cuore e specialmente radicate repulsioni verso il rischio. Si può parlare per esempio di «periferie», di «imparare dal popolo», ma continuare in realtà con le chiusure varie di sempre. Senza nemmeno avvedersene, tanto sembrano naturali, anche culturalmente assodate. La difficoltà della maturazione è umana, speriamo vi siano tanti cuori aperti a viverla.

Talora può persino stupire la capacità di qualcuno di riferirsi alle responsabilità delle élites, loro affidate a motivo di speciali capacità. Come riuscire a non vedere nemmeno un pochino tante lentezze, chiusure, quando non cose peggiori. Dunque è necessario essere umili, imparare da tutti, fare, in modo sempre più adeguato, spazio a tutti. Anche la verifica in certi casi è presto fatta. Spazio sempre alle stesse persone, gente in gamba in mille modi e misure silenziata. E ciò anche, talora, dai promotori delle nuove prospettive, del popolo che avanza.

Rivelandosi talora ancora raro un discernimento non scisso tra spiritualità, tecnicismi vari ma del cuore integrale forse possono cogliersi meno, proprio a causa di angolazioni riduttive, certe dinamiche dei gruppi, delle realtà sociali. Senza l’apertura di qualcuno allo Spirito e all’umanità un vario ripiegamento si può fare generalizzato. Si possono formare stereotipi, caste, sempre più spinte tacite collusioni, magari talora senza fondo, fino a giungere, quasi impalpabilmente, alla delinquenza.

Si tratta di dinamiche che possono condurre al rischio implosione e che talora solo il rischio implosione può obbligare ad almeno in parte correggere. In queste situazioni i più sofferenti sono per certi versi i più sani perché esprimono come possono un rifiuto di tale sistema generalizzato. Nei Vangeli emergono molte storie di comunità che stimolano profonde meditazioni in proposito. Anche sulle adeguate vie di rinascita percorse da Gesù in modo diverso a seconda di quelle diverse situazioni.

Uscire da schematismi di ogni sorta è possibile ad un cuore aperto allo Spirito. Allora si possono continuamente aprire vie nuove, impensate. In questi tempi di fede talora raramente praticata anche venendo in chiesa, un prete può magari scoprire che quei buoni genitori cristiani, magari poco frequentanti la parrocchia, fanno già loro stessi, per certi versi, i catechisti. Accogliendo con amore gli amichetti dei figli, in un clima di familiarità. Ma l’aiuto del prete nel riconoscere la profondità della loro opera, può suscitare un nuovo, sereno, entusiasmo, che avvicina tutta quella famiglia anche alla parrocchia.

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