Papa Francesco e Martin Luther King, «due persone che hanno portato all’attenzione universale una nuova visione del mondo». Ad evidenziare il legame tra il Pontefice e il pastore afroamericano premio Nobel per la pace è l’arcivescovo Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio Onu di Ginevra.

Ai microfoni di Vatican News, alla vigilia del cinquantesimo anniversario della morte del leader, avvenuta il 4 aprile 1868 a Memphis, nel Tennessee, mentre era impegnato in una campagna per i lavoratori afroamericani, il prelato ne ricorda l’eredità e la figura. «Indubbiamente si tratta di un personaggio monumentale nella storia della difesa dei diritti dell’uomo», dice, «si potrebbe dire che con lui comincia un “periodo nuovo”, accompagnato anche da uno sviluppo generale della società, della democrazia, e così via. Probabilmente, rimarrà per sempre tra i grandi del XX secolo, ai quali bisogna dire che se ne sono aggiunti altri: è stato accompagnato da altri esempi. In ogni caso bisogna riconoscere che con lui c’è l’inizio di un’epoca nuova».

Papa Francesco stesso - che meno di un mese fa aveva ricevuto in udienza privata la figlia minore Bernice Albertine King, anche lei impegnata per la non-violenza e contro ogni discriminazione - aveva richiamato la figura di Martin Luther King nel monumentale discorso al Congresso degli Stati Uniti, il 24 settembre 2015, elencandolo tra i «grandi americani», insieme ad Abraham Lincoln, Dorothy Day e Thomas Merton, e affermando che il suo «sogno» continua ad ispirarci.

Su questa sintonia tra il Papa e King, l’osservatore vaticano afferma: «La prima cosa ad essere oggettivamente riconosciuta, che è visibile, è che si tratta di due espressioni culturali non occidentali, europee. Si tratta di due persone che hanno portato all’attenzione universale una nuova visione del mondo. Certo, Martin Luther King lo ha fatto nella difesa dei diritti umani della popolazione afroamericana; il Papa, invece, porta una nuova visione della Chiesa». «Tutto ciò indubbiamente - aggiunge - per dire che si tratta di due princìpi che sono riconosciuti come tipici sia di Martin Luther King sia di tutti i personaggi di ispirazione cristiana: il primo è la non violenza, un principio che è diventato così problematico oggi, di fronte alle tante azioni violente che vediamo intorno a noi. Poi il principio della fraternità universale: considerare tutte le persone come destinatarie della stessa fraternità».

Quanto invece al riemergere di atteggiamenti razzisti e discriminatori, e al lavoro che sta svolgendo a riguardo la Santa Sede anche alle Nazioni Unite, il prelato sloveno spiega: «Questioni così essenziali hanno bisogno di una continua attenzione e questa attenzione non può essere solo burocratica, delle persone che lavorano e sono coinvolte nel lavoro, ma anche da parte delle personalità. La visibilità si raggiunge solamente attraverso i personaggi: i grandi temi dell’umanità devono essere difesi dai grandi personaggi. Papa Francesco lo fa, lo fa in maniera splendida, e tutti riconoscono questo suo ruolo che si è guadagnato in così breve tempo. Il Papa crede che l’unico futuro degno della persona umana è quello che include tutti. E dobbiamo perseguire e difendere questa visione, che è anche quella di Martin Luther King: tutti possiamo essere felici, ma questo avviene solamente se sono inclusi tutti, dall’ultimo al più privilegiato e viceversa».

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