Enniskillen, Irlanda del Nord, novembre 1987. Attentato dell’IRA contro gli unionisti che celebravano il giorno dei caduti (“Remembrance Day”). Uno degli atti più sanguinosi del terrore di quegli anni. Gordon Wilson è ferito. La figlia Marie è rimasta uccisa. Intervistato dalla BBC l’uomo non dimostra odio: «Non porto rancore - afferma - dire cose orribili non la riporta in vita. Non ho una risposta. Ma so che deve esserci un piano. È parte di un disegno più grande e Dio è buono. Noi ci incontreremo ancora».

Wilson in seguito divenne un attivista per la pace fino alla sua morte nel 1995. Non potè vedere la firma degli accordi del Venerdì Santo che posero fine a 30 anni di guerra civile in Irlanda del Nord, siglati il 10 aprile 1998. Ma sicuramente il processo di pace è iniziato con quelle sue parole.

A poco più di cento chilometri da Enniskillen c’é Derry. Qui, dove i Troubles sono cominciati nel 1972 con il Bloody Sunday la pace ha visto agire attivamente i suoi uomini più importanti e non desistere, neanche quando tutto sembrava perduto. Oggi vede i progressi più grandi anche nel dialogo tra cattolici e protestanti nell’isola. Il vescovo Donal McKeown ama dire con una battuta: «Noi la settimana per l’unità dei cristiani la celebriamo tutto l’anno».

Pochi giorni fa durante i riti del Venerdì Santo nella cattedrale di St. Eugene c’era anche John Hume. Cattolico, membro dell’Sdlp (Social Democratic Labour party), premio Nobel per la Pace insieme a David Trimble per essere stati i due artefici dell’accordo che pose fine al conflitto con il “cessate il fuoco” e la costituzione di un’assemblea e un esecutivo delle sei contee del nord dell’isola. Oltre alla concessione della sovranità popolare, che si attendeva dal conflitto del 1920. McKeown racconta che «pur versando in condizioni di salute problematiche John Hume (che ha appena compiuto 81 anni, ndr) ha voluto avvicinarsi all’altare e baciare la Croce».

La chiesa di St.Eugene si trova tra il Bogside, il quartiere che 40 anni fa era uno slum dove vivevano i cattolici che non avevano accesso a tutti i tipi di occupazione perché oggetto di discriminazione settaria da parte dei lealisti e Creggan, ancora un quartiere cattolico dalla cui collina si domina la città. All’interno di un Centro commerciale l’International Fund for Ireland ha finanziato un progetto di incontro tra coloro che durante i Troubles prima e il processo di pace poi non sono state ascoltate: le donne. Questo progetto si chiama proprio chiama “Unheard Voices”.

Nella sede del Creggan Enterprises, che ha materialmente condotto la ricerca delle donne da ascoltare incontriamo alcune di queste signore. Sono di diversa età, cattoliche e protestanti. Ma fin da subito risulta evidente quanto questo non sia importante: sono donne che hanno sofferto. Ed ora trovano nella condivisione del proprio vissuto un conforto. «Sono una delle prime ad essere stata ascoltata dice Ruby Mc Naught - perché la voce delle donne nei Troubles è stata ignorata. Eppure noi donne siamo risolutrici dei conflitti, pensiamo al nostro ruolo nelle famiglie». La madre di Ruby, Kathleen, cattolica, nel 1970 rischiò la sua vita per salvare quella di un soldato ferito, protestante. Lo portò in casa sua e lo curò. Giustificò questa sua scelta dicendo: «È anche lui figlio di una madre». Mentre lo assisteva Katheleen e il soldato pregarono assieme. Ma per aver fatto questo gesto nel quartiere in cui viveva si scatenò una campagna di odio che durò quattro mesi.

Sono 2000 le donne che per cinque anni “Unheard Voices” ha radunato. Un numero altissimo se si pensa che in tutto il Nord Irlanda i morti per della guerra civile furono 3500. Derry, inoltre, ha il triste primato nella Gran Bretagna del più alto livello di persone con disordini mentali causati dagli anni delle lotte per le strade: secondo l’unico studio scientifico fino ad oggi pubblicato “Conflict peace and mental health”, nel 2017, ad opera ricercatore David Bolton, che ha una trentennale esperienza sul campo, del 70% delle persone intercettate a Derry che hanno avuto problemi mentali solo il 19% sono state curate in modo appropriato. Cifre che fanno capire come le persone comuni non solo hanno pagato il prezzo più alto del conflitto, ma sono state anche abbandonate una volta terminato.

Tra queste c’é anche Sharon Austin, protestante, del quartiere di Glen, che a undici anni non ha mai visto tornare il fratello Leonard Winston, arruolatosi l’11 novembre 1974 - giorno dedicato alle Forze armate, il cosidetto “Poppy Day”, e scomparso quattro giorni dopo. Ucciso dall’IRA: «Quando io e i miei fratelli siamo tornati a scuola dopo la morte di Leonard mio padre ci ha detto: “Ricordatevi che i cattolici non fanno queste cose. È stata una organizzazione”. Ma io lo sapevo già perché sono state proprio le persone cattoliche che ci hanno aiutato a seppellire Leonard Winston e che hanno pagato per il suo funerale perché noi non avevamo soldi. A Glen c’erano sia cattolici che protestanti e la comunità era molto unita».

Nessuno chiese mai nulla sull’accaduto a Sharon e fino al 2013, quando Carol Cunnigham, coordinatrice di “Unheard Voices” per Creggan Enterprises bussò alla sua porta la storia di Leonard non l’aveva raccontata a nessuno: «Qui è stato possibile parlare perché non ci siamo sentite giudicate - dice Sharon - . Siamo tutte esseri umani ed abbiamo tutte sofferto».

Riconoscere il dolore di chi hai di fronte. Credere nelle sue parole. Avere cura le une delle altre. In modo autentico e genuino. Diventando migliori amiche. Che concordano sulla cosa più importante: la pace. Per le generazioni nuove, per i loro figli. «Quando vediamo alla televisione le immagini di allora, i soldati agli angoli delle strade, i carri armati, le persone a volto coperto con le bombe in mano, noi che lo abbiamo vissuto tutto questo ci ricordiamo di quale angoscia sia stata davvero. E ci sentiamo fortunate per i nostri figli, perché possono camminare serenamente per Derry. Loro non hanno visto tutto questo».

Oggi un altro aspetto che le unisce è chiedere che cessi la disoccupazione che porta i giovani a vivere di sussidi e senza futuro: «Siamo senza governo in Nord Irlanda da più di un anno e non riusciamo a capire perché. Ai politici chiediamo di mettersi d’accordo. Di farlo per i nostri ragazzi». Una parte delle storie delle donne di Derry, alcune delle quali sono volute rimanere anonime, sono state raccolte in un libro dal titolo “Beyond the silence”. A curarlo è stata la giornalista Julieann Campbell, che oggi lavora al Museo di Free Derry ed è nipote di una delle 29 vittime del Bloody Sunday.

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