L’esercito regolare siriano è accusato di avere usato armi chimiche nel bombardamento che ha colpito tra sabato e domenica scorsi una zona controllata dai ribelli nei dintorni di Damasco causando almeno 100 morti tra i civili. Potrebbe trattarsi di ordigni al cloro.

L’ex spia russa Sergej Skripal e la figlia Yulia (ora fuori pericolo) sono stati avvelenati certamente con il sarin (un gas nervino) il 4 marzo scorso a Salisbury, in Inghilterra. Sarebbe stata usata la variante del gas chiamata Novichoc, prodotta in Russia.

Secondo il rapporto della Organizzazione per la proibizione dell armi chimiche (Opcw) del dicembre 2017 al 31 dicembre del 2016 solo quattro Paesi sarebbero ancora in possesso di ordigni di questo tipo: Libia, Iraq, Federazione Russa e Stati Uniti. In partenza i Paesi che avevano dichiarato di possedere armi chimiche al momento in cui avevano aderito al trattato dell’Opcw per la loro eliminazione erano otto, includendo anche Albania, India, Siria e un quarto Stato che ha sempre chiesto di non essere menzionato ma che viene identificato con la Corea del Sud. In questi otto Paesi c’erano 72.034 tonnellate di armi di categoria 1 (quella di cui fanno parte il sarin e l’iprite usata già nella Prima guerra mondiale) e categoria 2 e 417.833 ordigni di categoria 3.

L’associazione Arms Control specifica che l’arsenale più grande apparteneva alla Russia, seguita dagli Usa.

La grande maggioranza di questo arsenale dichiarato è stato distrutto sotto il controllo della stessa Opcw. Nel 2016 ne sarebbero state smantellate oltre 2.000 tonnellate. Secondo i calcoli contenuti nel rapporto le percentuali di armi chimiche distrutte sarebbero del 94% per quelle di Categoria 1 (66.256 tonnellate) dell’84% per la Categoria 2 (1.495 tonnelate) e del 100% dei 417.833 ordigni di Categoria 3. Albania, India, Corea del Sud e la stessa Siria sarebbero adesso prive di armi chimiche mentre l’Iraq avrebbe solo “residui”.

In sostanza, resterebbero da eliminare ancora armi solo in Libia (alcune decine di tonnellate), Russia e Stati Uniti. L’arsenale chimico siriano di 1.308 tonnellate, dichiarato al momento dell’adesione di questo Stato al trattato nel 2012, sarebbe stato completamente eliminato nel 2016, secondo il rapporto dell’Opcw, che in Siria ha condotto oltre il 10% delle proprie ispezioni in quell’anno. Le indagini dell’Opcw hanno però verificato l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano fino all’aprile del 2017.

L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche è una organizzazione multilaterale che raccoglie 192 Stati del mondo. Ciascuno Stato al momento dell’adesione sottoscrive il trattato per l’eliminazione delle armi chimiche, impegnandosi a farlo entro una certa data, tra i due e i dieci anni dalla firma. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che la distruzione completa avverrà entro il 2023. L’ultima adesione è stata quella dell’Angola nel 2015. Israele ha aderito all’Opcw già nel 1993 ma non ha mai ratificato il trattato. La Corea del Nord, considerata responsabile della eliminazione di Kim Jong-nam, fratellastro del leader Kim Jong-un con gas sarin nel 2017, non ha mai aderito.

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