Il mondo corre rapido sul terreno dell’Intelligenza Artificiale. Cina, Stati Uniti e Giappone fanno passi da gigante. L’Europa è alle loro spalle, frenata dall’assenza di una vera strategia comune che le impedisce di superare gli altri giganti o di mettersi alla pari. Ma il 2018 potrebbe essere l’anno della svolta: ieri 25 governi hanno lanciato l’Alleanza Europea per l’Intelligenza Artificiale. La dichiarazione sottoscritta a Bruxelles in occasione del Digital Day 2018 sancisce l’avvio di una cooperazione che consentirà al Vecchio Continente di muoversi come un sol blocco, o almeno questo è l’obiettivo. E tra due settimane arriverà un maxi-piano della Commissione Ue che si articolerà su tre pilastri: un miliardo per gli investimenti in ricerca nel biennio 2019-2020, un codice etico per mettersi al riparo dai rischi legati al progresso e una strategia per affrontarne gli impatti socio-economici.

Dal settore energetico all’agricoltura, dall’educazione alla sanità, «l’Intelligenza Artificiale sta già cambiando il mondo in cui viviamo» si legge nella bozza della Comunicazione che Bruxelles pubblicherà il prossimo 25 aprile. Ma soprattutto l’Ia sarà «un elemento chiave per la crescita economica».

In Europa vengono citati come virtuosi gli esempi di Finlandia, Germania e Francia, che ha appena varato un piano da 1,5 miliardi in cinque anni. Ma non basta. L’iniziativa non può essere lasciata ai singoli: per competere su scala mondiale bisogna fare sistema. «L’Ue - nota la Commissione - è indietro con gli investimenti, ma ha buone basi da cui partire». Su tutte, il comparto industriale che produce più del 25% dei robot, ma anche «la comunità di ricerca leader mondiale nell’Intelligenza Artificiale» ha ricordato ieri Andrus Ansip, vicepresidente Ue con delega al Mercato Digitale. Che fare per mettersi al passo? La Commissione propone di «decuplicare gli investimenti in Intelligenza Artificiale (Ia) di governi e privati nell’arco dei prossimi 10 anni».

Nella dichiarazione sottoscritta ieri dalla Norvegia e da 24 Stati Ue (esclusi Cipro, Grecia, Croazia e Romania) i governi si impegnano a investire nello sviluppo dell’Ia, ad allineare le proprie agende della ricerca, a rendere l’Ia accessibile a tutte le imprese e a lavorare sugli aspetti etici, legali e socio-economici.

Gli interventi nazionali si aggiungeranno al piano Ue che prevede, da qui al 2020, un investimento di oltre un miliardo di euro per sostenere la ricerca, per agevolare la collaborazione tra gli Stati e per facilitare l’accesso alle nuove tecnologie per le piccole e medie imprese. A maggio la Commissione dedicherà poi un capitolo ad hoc all’Intelligenza Artificiale nella proposta per il prossimo bilancio pluriennale 2021-2027 stanziando, secondo fonti Ue, «almeno un miliardo l’anno». La cifra esatta - spiegano dalla Commissione - è ancora oggetto di trattative.

Bruxelles sottolinea che i posti di lavoro creati dall’Ia sono già 1,8 milioni, cresciuti al ritmo del 5% annuo dal 2011. A oggi ci sarebbero 350 mila posti vacanti per specialisti dell’Ict. Ma ovviamente sul fronte occupazionale non mancano i timori, che sono fondati e per questo vanno affrontati. A tal proposito la Commissione metterà in campo degli schemi per la ri-formazione delle figure professionali impiegate nei settori toccati dall’avanzata dei robot (automotive, tessile, turismo, tecnologie marittime e spaziali...) e produrrà analisi per anticipare i cambiamenti sul mondo del lavoro e trovare le adeguate risposte.

Entro fine anno un gruppo di esperti svilupperà infine un codice etico che ruoterà attorno alle parole «sicurezza e responsabilità» e inizierà un «monitoraggio continuo» per rispondere alle evoluzioni. In questo contesto sarà determinante la direttiva Ue che entrerà in vigore il 25 maggio e che fornirà lo “scudo” per la protezione dei dati personali. Perché il mondo corre rapido sul terreno dell’Intelligenza Artificiale e l’Europa vuole accelerare. Ma prima bisogna assicurarsi di aver allacciato le cinture di sicurezza.

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