«Promuovere una dedizione sempre più piena alla causa degli ultimi e dei poveri, giungendo fino alle periferie umane ed esistenziali dell’odierna società, per essere autentici apostoli della carità». È l’esortazione di Papa Francesco ai partecipanti al 40° Convegno nazionale delle Caritas diocesane che si svolge fino a giovedì ad Abano Terme, in provincia di Padova. L’incontro, dedicato al tema “Giovane è... una comunità che condivide”, ospita oltre 600 direttori e operatori di 220 Caritas diocesane.

In un telegramma - a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin - il Papa ricorda il primo presidente della Caritas italiana, monsignor Giovanni Nervo, e lo storico direttore monsignor Giuseppe Pasini, alla guida dell’organismo per oltre un decennio: «due zelanti sacerdoti - scrive - che con il loro pensiero e la loro preziosa testimonianza di vita, hanno arricchito la Chiesa italiana di una eredità che continua a produrre frutti di autentica carità e misericordia».

In occasione del convegno è giunto anche il messaggio del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, il quale ha ribadito l’apprezzamento per « il lavoro tenace» svolto negli anni dalle Caritas diocesane, «la fedeltà quotidiana alle persone, l’impegno sincero ad includere, ad emancipare dal bisogno, a rispettare la dignità e la libertà di ciascuno». «Costruire insieme un umanesimo condiviso richiede dialogo e apertura, amicizia e impegno, solidarietà e progettualità, capacità di affrontare il tempo nuovo con visione e ideali, superando sterili spinte all’individualismo che rischiano di alimentare egoismi, paura, sfiducia», ha aggiunto Mattarella.

Da parte sua, il cardinale Francesco Montenegro, presidente della Caritas Italiana, aprendo i lavori ha detto che i poveri non hanno bisogno solo di servizi ma anche di amicizia: «Dobbiamo imparare a stare accanto a loro e costruire comunità frizzanti, aperte e non chiuse come ripostigli».

Mentre nel suo intervento il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha espresso il rammarico per «i sentieri di morte che attraversano i giovani, quelli cioè che negano loro il lavoro, la casa, la speranza». «Nella mia esperienza pastorale quotidiana - ha detto il porporato- registro la grande sofferenza prodotta nei giovani a causa dello spazio che è loro negato: spazio nel tessuto lavorativo, per molti anche spazio abitativo (perché il prezzo delle case è irraggiungibile a chi non ha famiglie in grado di sostenere l’acquisto o l’affitto). Molti giovani soffrono per la mancanza di prospettive e sono resi drammaticamente fragili dalla assenza di speranza».

«Qui non si tratta di promettere posti di lavoro in maniera ideologica», ha precisato Bassetti, «questi giovani hanno diritto di sapere che chi trasforma il loro posto di lavoro in una trincea quotidiana fa l’opera del demonio, non quella di Dio. Hanno anche diritto di sentirsi dire che non è vero che le cose vanno meglio se sono fondate sulla competizione sfrenata, ma che per far girare qualsiasi meccanismo occorre saper lavorare bene insieme ed essere contenti di lavorare insieme».

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