22 Aprile 2018 Domenica Quarta di Pasqua

Vangelo secondo Giovanni 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

IL BUON PASTORE

Un bambino non riesce a parlare al microfono di fronte al Papa e il Papa lo chiama vicino e lo abbraccia. Il bambino gli parla all’orecchio. Ha un grande dolore nel cuore; piange per il papà morto e lo dice al Papa: «Poco tempo fa è venuto mancare mio papà. Era ateo, ma ha fatto battezzare tutti noi quattro figli. Papà era bravo. È in cielo papà?». Papa Francesco risponde che il papà ha fatto una cosa bella battezzando i figli e Dio gli vuole certamente bene e lo tiene con sé.

Un episodio chiaro come il sole. Dice chi è Dio, Padre e Pastore dell’umanità, e chi è Gesù, Buon Pastore per gli uomini. Tutti abbiamo bisogno di sperimentare un amore così. Dio ci vuole bene attraverso il padre e la madre, e ci accompagna attraverso i pastori della Chiesa. Non siamo un gregge sparso e disperso. Siamo una comunità, un popolo. Siamo persone vive, che sperimentano la gioia di appartenere a una comunità accompagnata dal Buon Pastore.

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