Dopo il Molise, il Friuli Venezia Giulia. Le urne non osservano turni di riposo e domenica prossima, 29 aprile, saranno aperte per eleggere il nuovo governatore che succederà a Debora Serracchiani, appena ripescata alla Camera con il plurinominale, al termine di un travagliato mandato in cui si è divisa tra la guida della Regione e il delicato - e contestato - ruolo da vice segreteria nazionale del Pd durante il governo Renzi.

Gli sfidanti

Sono in quattro a contendersi lo scranno triestino: Sergio Bolzonello, per il Centrosinistra, attuale vice della Serracchiani e già amatissimo sindaco di Pordenone per dieci anni. Massimiliano Fedriga, per il Centrodestra, che ha rinunciato al prestigioso ruolo di capogruppo alla Camera della Lega, dopo una mini rivoluzione degli elettori: quando nei salotti romani era stato indicato Renzo Tondo - già due volte presidente Fvg in passato - secondo accordi di spartizione delle cariche presi prima delle Politiche, i militanti del Carroccio hanno minacciato le barricate. E a Roma hanno dovuto prenderne atto. Alessandro Fraleoni Morgera, romano, trapiantato a Trieste da una decina d’anni, ricercatore universitario, indicato dal Movimento 5 Stelle senza dover passare dalle Regionarie on line, essendo l’unico candidato che aveva presentato le necessarie credenziali. Sergio Cecotti, già presidente Fvg e sindaco di Udine con la Lega una quindicina di anni fa e ora a capo di Patto per l’Autonomia che si ispira alle Province di Trento e Bolzano per garantire al territorio maggiore indipendenza decisionale ed economica.

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La guerra dei numeri

La vera battaglia si gioca in seno al Centrodestra, forte del 43% alle Politiche del 4 marzo alla Camera. La Lega parte dal 25,8% e quasi 178 mila preferenze, oltre 100 mila in più di Forza Italia, che ha ottenuto uno striminzito 10,7% doppiando a propria volta Fratelli d’Italia, che si è fermata al 5,3%.

In chiave governo nazionale si capisce perché Salvini abbia messo le tende in Friuli Venezia Giulia, dove, da inizio aprile, ha trascorso più tempo che a casa sua. Una sorta di invasione cui Silvio Berlusconi ha reagito con una controffensiva senza precedenti: arrivato ieri, si fermerà in regione fino a venerdì. Emblematico il suo appello nel primo comizio di Pordenone: nemmeno una parola sugli avversari, ma un’invocazione affinché Forza Italia abbia più preferenze della Lega. Obiettivo comune - per il momento l’unico - è quello di salire oltre il 45% e portarsi a casa un sostanzioso premio di maggioranza.

Il terzo sta fuori

La sfida per il secondo posto è serrata: il Movimento 5 stelle alle Politiche ha ottenuto il 24,6% e 170 mila voti, diecimila in più del Pd, che però, dopo la batosta rimediata, può ora contare su una tregua armata con il resto della Sinistra, che dovrebbe portare in dote allo schieramento i 22 mila voti di due mesi fa di Liberi e Uguali. Ossigeno arriverà anche dalla galassia delle Civiche, accreditate di qualche punto percentuale, tra cui quella dell’ex sindaco di Udine, Furio Honsell, già rettore universitario, famoso per essere stato l’ospite fisso di Fabio Fazio nel «Che tempo che fa» degli albori. La legge regionale Fvg è però spietata: in aula entra solo il primo degli sconfitti, gli altri candidati restano a casa.

Il paradosso economico

L’ondata che, secondo gli analisti - e i sondaggi pubblicati fino ad inizio mese -, è destinata a spazzare via anche alle Regionali il governo del Centrosinistra uscente prescinde dai dati economici: il Fvg ha appena registrato il record storico del proprio export, la disoccupazione è in netto calo, gli occupati aumentano sensibilmente, i turisti sono cresciuti di un milione l’anno, la costruzione della terza corsia dell’A4 procede più velocemente del previsto, il porto di Trieste vola ed è il primo in Italia.

Il valore nazionale

Salvini lo sta ripetendo ad ogni comizio: «Ci rivedremo dopo il 29 aprile con Max (Fedriga) alla presidenza della Regione e io a quella del Consiglio: dateci la forza per governare questo Paese». Per la Lega, soprattutto dopo la possibile apertura del Pd ai grillini, serve una prova di forza: se la conquista della terza regione del Nord, dopo Veneto e Lombardia (e con la Liguria in mano al forzista eretico Toti, sostenitore del partito unico) non sembra in dubbio, i numeri che usciranno dalle urne potrebbero dare margine contrattuale per convincere il Colle a concedergli almeno una chance.

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