Siamo nell’Antropocene: una nuova epoca in cui, secondo gli scienziati,   l’agire dell’ Uomo sulla Terra ha una forza pari a quella dei cataclismi naturali della preistoria. Cambiamo drasticamente la superficie della Terra, siamo noi la causa dei cambiamenti climatici e, anche senza le bombe atomiche, facciamo scomparire piante e animali a un ritmo pari a quello delle grandi estinzioni di massa.   La “Storia dell’Uomo”, da sempre insignificante sull’ orologio geologico (Fig. 1), adesso si intreccia con la “Storia della Terra”.  Cambiamo il nostro ambiente naturale come esso continua cambiare noi stessi. Per questo ha senso chiamare la nostra epoca l‘Antropocene: l’epoca dell’ anthropos, del uomo. Una epoca che ha avuto inizio nel 1945, con l’esplosione della prima bomba atomica, e che potrebbe essere ricordata fra milioni di anni da uno strato di fossili di varie creature miste con radioattività, cemento e plastica. A livello culturale l’Antropocene e’ sempre di piu’ caratterizzata dal caos di immagini e opinioni di cui ci rendono partecipi Internet e canali come Youtube, Instagram, etc. E’ un’epoca in cui il reale si separa sempre di meno dal virtuale, gli umani sempre di meno dai non-umani e in cui le connessioni tra le cose sono più importanti delle cose stesse. Tutto questo ha un impatto sulla nostra identità, sui nostri rapporti, e sul nostro stare e fare nel Mondo(1). Diversi studiosi hanno chiamato Youtube e Instagram  delle Wunderkammern del 21esimo secolo: delle stanze delle meraviglie senza curatori. Youtube rispecchia il nostro caos, un pasticcio degno del Cinquecento. Magari ci troviamo ancora nello stesso pasticcio del Cinquecento, e non siamo mai stati moderni, se essere moderni significa vivere seconda la Costituzione Moderna (2) che separa Natura da Cultura, Oggetto da Soggetto, la Scienza da una parte e l’Arte, la Politica, la Religione da un'altra. Invece di creare oggetti ben definiti e pensieri chiari e illuminati, abbiamo creato delle cose molto complesse, come il cambiamento climatico, la salute, l’intelligenza artificiale, le città, l’immigrazione.  Cose che sono ne naturali ne artificiali, ne scientifiche ne artistiche. Sono cose a volte molto problematiche, che ne la Scienza, ne l’Arte, ne la Politica riescono a gestire.  E in tanto il vuoto viene riempito da un Commercio selvaggio. Se non siamo mai stati moderni (3), non siamo nemmeno stati post-moderni o anti-moderni. Si apre quindi la possibilità che, per affrontare i tanti problemi collettivi della nostra epoca, potremmo ripartire dal pre-moderno, dal Cinquecento appunto, prendendo un altra strada però.


Il cinquecento e’ stato il secolo della resa dei conti, delle guerre di successioni e di religione, della Riforma e della Controriforma,  del sacco di Roma e non solo. Nonostante questo, e’ stato anche il secolo delle meraviglie. Le notizie e le cose che arrivavano con le scoperte delle Americhe espandevano di molto il normalmente concepibile e l’immaginario collettivo. Questo stato generale di meraviglia faceva anche riemergere le vecchie arti esoteriche come l’astrologia e alchemica.  Tutti questi saperi, vecchi e nuovi, si sono mescolati e hanno creato una grande confusione intellettuale che andava a pari passi con la confusione politica e religiosa. Un caos totale che ha governato l’Europa per più di un secolo (Fig. 2). In questo contesto (ri)nascevano le stanze delle meraviglie, le Wunderkammern, (Fig. 3) con lo scopo di assorbire e far vedere  le novità. Si raccoglieva proprio di tutto, le cose più bizzarre, vere e inventate. Se non bastasse il corno dell’unicorno, nel catalogo di una collezione inglese si parla perfino della coda di un unicorno! Il confine tra realtà e fantasia era molto sottile.  


Mentre tante collezioni cercavano di alimentare il gusto barocco dello straordinario, altre diventavano strumenti per lo studio. In Italia il bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605) aveva uno scopo ben preciso con la sua collezione: voleva “sistematizzare e ricomporre il sapere” tramite una “ricostruzione microcosmica del macrocosmo(4).Il primo lavoro di Aldrovandi consisteva nel dividere i suoi migliaia di  esemplari  in Naturalia e Artificialia: cose fatte dalla Natura e cose fatte dall’Uomo. Adesso sembra una operazione banale, ma all’epoca era comunque un approccio radicalmente nuovo alla realtà,  perché lasciava fuori Dio come soluzione per tutti problemi e incomprensioni umani. Questo approccio ha aperto la porta al pensiero moderno, in cui la divisione tra Natura e Uomo, è poi diventata divisione tra Oggetto e Soggetto, tra Fatti oggettivi e Valori soggettivi, tra  le Scienze da una parte e l’Arte, la Religione e la Politica dall’altra. Un amalgama di dualismi, che, come abbiamo visto prima, funzionava su carta e nella mente dei filosofi,   ma non nella pratica della vita di ogni giorno. Anche se le Wunderkammern del Cinquecento hanno contribuito a far emergere il pensiero moderno e finalmente al caos di oggi, potrebbe una Wunderkammer che raccoglie le cose di oggi, portare a una nuova comprensione del nostro tempo? Una comprensione che non e’ basata sulle divisione teoriche della Modernità, ma su categorie più alla mano, più terrene, più reali?  


La prima cosa da notare, anche un pò in difesa di Aldrovandi, è che le cose di oggi non sono più come quelle del Cinquecento (Fig. 3 & 4). Mentre allora le novità venivano dal nulla, da continenti sconosciuti o dall’immaginazione della gente, adesso vengono progettate dall’apparato scientifico-tecnologica per un consumo di massa. Mentre nel Cinquecento le novità erano delle vere meraviglie, per la loro bellezza o la loro bruttezza, adesso le novità meravigliano a stento, perché si soppiantano una dopo l’altra e ci siamo abituati che, oramai, tutto è possibile.   Abbiamo perso di vista che in qualsiasi prodotto di consumo ci sta comunque tutto il mondo (5). E se un prodotto semplice ci fa vedere  come funziona il mondo, quanto di più lo può fare una cosacome una città o il cambiamento climatico, cose che non sono più semplici oggetti ma piuttosto connessioni tra umani e non-umani, intrecci tra natura e cultura, cose che sono caratteristiche dell’Antropocene. La domanda quindi è se una collezione di oggetti e cose del nostro tempo può di nuovo essere uno strumento di studio per capire meglio il nostro tempo.   Prima di avere la risposta, abbiamo fondato il “Museo delle Tecnologie dell’Antropocene”, il MAT (6). Questo museo vuole essere una machina per guardare, con lo scopo di riaccendere la meraviglia e il dubbio. Per far vedere come tutto è un po’ più complesso rispetto a quello che ci fa credere il modello consumistico. Vuole sistematizzare questo nostro caos, andando oltre le divisioni della Modernità.   Il MAT si trova a Laveno-Mombello (VA). E’ nella fase di raccogliere cose. La collezione contiene (Fig. 5), tra altro, una opera che mette in luce una lampada a incandescenza, una foto stampata con l’inquinamento atmosferico stesso che la foto fa vedere, un paio di occhiali, una bottiglietta con la terra radioattiva di Chernobyl, una copia di un quadro di Turner, il razzo spaziale di Tintin, una foto della collezione del MAT.  E’ un caos da cui dovrebbero emergere delle  nuove categorie. Se non possono più essere Naturalia e Artificialia, quale potrebbero essere le nuove categorie? Ci piace credere che le cose possano essere divise in quelle leggere e quelle rapide, o quelle esatte e visibili, o molteplici e consistenti. Con queste categorie possiamo  magari scoprire nuovi modi di vedere e di vivere il mondo, modi che possano essere la base per affrontare i nostri grandi problemi collettivi.


IMMAGINI

Figura 1. 600 milioni di anni (Ma) fa la vita e’ migrata dall’oceano alla terra ferma, dove e’ esplosa in piante e animali, piccoli e grandi, di varie forme e colori. Gli strati geologici parlano di 5 grandi estinzioni di massa durante questi 600 Ma, estinzioni causate da cataclismi naturali: eruzioni vulcaniche, impatti meteoritici e i cambiamenti climatici che ne erano le conseguenze. Queste estinzioni delineano i periodi geologici. I primi ominidi sono arrivati 7 Ma fa. L’Uomo Sapiens 200.000 anni fa, cioè gli ultimi 14 secondi delle dodici ore che segna questo quadrante.

Figura 2. “Margherita la Pazza” (Pieter Bruegel, 1561) Il mondo in fiamme, una pazzia generale. Margherita, donna scatenata, non ne può più della miseria inflitta dagli uomini e si reca alla porta dell’Inferno per litigare con i diavoli.

Figura 3. Delle Wunderkammern del Rinascimento e del Barocco ci rimangono solo i cataloghi e i loro frontespizi. Le collezioni stesse sono state divise per diventare musei della storia naturale, librerie e musei dell’arte.

Figure 4. Una collezione di immagini  prese da Internet, come Wunderkammer digitale del nostro tempo “moderno e illuminato”.

Figura 5. Una parete nel Museo delle Tecnologie dell’Antropocene (il MAT)

NOTE

(1) Luciano Floridi (Ed.), 2015, “The onlife manifesto”. Springer

(2) Bruno Latour, 1991, 2009,  “Non siamo mai stati moderni”. Eleuthera

(3) Siamo moderni solo sulla carta. Manteniamo le separazioni teoriche della Modernita’ perche’ a qualcuno conviene.   La Scienza/Tecnologia inventa nuovi prodotti. La Politica discute la necessita o il beneficio di questi prodotti per la societa’. E prima che i politici si decidano, il Commercio cerca di farne il massimo profitto. In pratica, pero’, senza volerlo ammettere, continuiamo a mischiare tutto. Perfino lo scienziato deve occuparsi di budget, brevetti, competizione con colleghi, etc … e quindi non segue quasi mai unicamente l’oggettiva metodologia scientifica. Cosi si sono create e moltiplicate complicazioni, come il cambiamento climatico. l’immigrazione, guerre per il petrolio, che sono sempre più difficili da gestire.

(4) Ricomporre vuole anche dire mettere gli oggetti in un ordine diverso. Ci possiamo immaginare che Aldrovandi e i suoi assistenti facevano allestimenti in continuo, piccole mostre: una volta mettendo i minerali con i minerali e gli animali con gli animali, o un'altra volta, mettendo le cose lunghe con le cose lunghe e le cose sferiche con le cose sferiche, finche l’istallazione funzionava, e rivelava una coerenza tra le cose che finora non era stata vista.

(5) Prediamo per esempio un paio di occhiali. E’ un oggetto semplice, di plastica e di vetro. Ma all’interno della montatura c’e’ scritto: “made in China”. E questo fa esplodere l’oggetto in una cosa molta più complessa. Sarà stato disegnato in Italia, ma immaginiamo gli operai cinesi che l’hanno prodotto, inquinando l’aria e le acque delle loro città. Vediamo le guerre nel Medio Oriente per il petrolio, materia prima per la plastica. Immaginiamo le navi che trasportano il petrolio in Cina, e quelle che portano gli occhiali in Italia. Poi: perché prodotti in Cina? Perché la manodopera costa meno. Allora siamo noi che guadagniamo troppo o sono loro che guadagnano troppo poco? Tutto ciò fa di quest’oggetto una cosa,  una meraviglia che non si puo’ piu’ buttare via, anzi, bisognerebbe metterlo su un piedistallo.

(6) www.museumofanthropocenetechnology.org In inglese: The Museum of Anthropocene Technoloy (MAT), con cui si fa un riverenza a “The Museum of Jurassic Technology” , un piccolo museo a Los Angeles e vero erede delle Wunderkammern del Cinquecento. (www.mjt.org).